Operai inglesi

Nelle classi seconde, per raccontare e spiegare le rivoluzioni dell’economia nell’età moderna, propongo spesso un laboratorio (1) basato sull’analisi di documenti scritti, risalenti al periodo che va dalla seconda metà del XVIII secolo alla prima metà del XIX, tutti provenienti dall’Inghilterra. Si tratta di stralci di articoli di giornale, resoconti di inchieste parlamentari, libri di economisti e politici, ecc. che descrivono da diversi punti di vista la condizione operaia.

Nel laboratorio, gli studenti indagano attraverso i documenti alcuni aspetti delle trasformazioni apportate dal lavoro industriale: i ritmi di lavoro e di vita, il reddito e il salario, la disciplina di fabbrica, il lavoro di donne e bambini, la salute e l’igiene, il rapporto operaio-macchina. Ne viene fuori una scrittura argomentata sul piano storico (cioè basata su fonti opportunamente interrogate e interpretate) sulla vita della classe operaia inglese.

Ma per recuperare l’aspetto umano dei protagonisti, gli operai, e forzando un po’ la mano (non tanti operai all’epoca sapevano scrivere), l’ultima consegna agli studenti è la redazione di una lettera da parte di un operaio, di un’operaia o di un gruppo di essi, da indirizzare ad un familiare, ad un amico o amica, al capo della fabbrica o a una istituzione. Naturalmente, per scrivere questa lettera è lecito (anzi raccomandato) l’utilizzo dei documenti del laboratorio e del manuale di storia, nel solco della tradizione letteraria del romanzo storico.

Negli ultimi anni ho raccolto decine di queste lettere, e vi propongo qui sul blog la lettura di alcune di esse, scritte da studentesse e studenti dell’IC Leonardo da Vinci di Reggio Emilia:

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Le fabbriche della McConnell ad Ancoats, Manchester (Regno Unito), in un acquerello del 1812. Ancoats è considerato il più antico quartiere industriale del mondo.

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Leeds, settembre 1812

Amico mio,

ti scrivo dalla misera catapecchia che è l’unico luogo che posso chiamare “casa”. E’ fredda e piccola, ma il mio salario non basta per sostenere la mia famiglia e pagare le tasse, quindi non posso certamente permettermi di aggiustarla.

Per guadagnare potrei far lavorare i miei figli come fanno in tanti, ma io non voglio. Come ben sai, mio padre, che faceva l’agricoltore, mi ha fatto istruire fino a che non siamo stati costretti a venire in città per lavorare in fabbrica. Io in quegli anni ho imparato davvero molto, e ora ho esperienza a sufficienza per affermare che le macchine rimpiazzeranno ingiustamente gli uomini, umiliando la loro dignità. Le persone producono manufatti di qualità più alta rispetto alle macchine e, oltre a questo, se noi poveri operai non abbiamo abbastanza soldi per comprare ciò che viene prodotto, chi acquisterà al posto nostro i prodotti sul mercato? Le persone ricche sono sempre meno e io non sono disposto ad accettare questa situazione.

Caro amico, ho saputo da alcuni conoscenti che tu hai continuato a coltivare la terra come un tempo. So però che in campagna le cose sono cambiate quanto in città, quindi immagino che i campi aperti e i pascoli che usavate tutti voi del villaggio siano stati recintati e che quelle che un tempo erano le terre coltivate dalla tua famiglia oggi siano possedute da un qualche ricco proprietario terriero. Se è così, la costanza, la bravura e l’impegno con i quali tuo padre cercava di trasmetterti le sue conoscenze sono andate sprecate. Tutta la passione e il trasporto che c’erano nella sua voce quando ti diceva che, se si voleva un buon raccolto, bisognava conoscere la terra e saper guardare il cielo per capire quale sarebbe stato il clima, sono state inutili.

Abbiamo passato giorni, addirittura mesi e anni, illudendoci che per guadagnare il pane sarebbe servito conoscere il proprio mestiere, capirlo e condividere le proprie conoscenze… invece, da quando le cose hanno iniziato a cambiare a causa delle macchine, gente come te e me, che ha conosciuto la propria professione a fondo, viene chiamata “bracciante” e “proletario”. E’ la sola forza delle nostre braccia a permetterci di lavorare e, secondo i potenti, noi possediamo solo i nostri figli. Trovo che, proprio per questo, i termini “proletario” e “bracciante” siano ripugnanti e offensivi. Noi infatti possediamo anche le nostre competenze, ma a molti questo sembra superfluo.

Ecco, quindi, perché ti ho scritto… Domani mattina io e altri operai che lavorano insieme a me alla manifattura di William Cartwright saboteremo le macchine. Si, proprio come si dice abbia fatto John Ludd, un tessitore che ha distrutto un telaio meccanico alcuni anni fa, faremo proprio così. Romperemo finalmente le artefici della nostra disfatta, faremo sentire dopo tanto tempo la nostra voce. Amico mio, non so cosa diranno in giro di noi. Questa lettera probabilmente ti arriverà fra qualche settimana, quando sarà già successo tutto. Forse ci improgioneranno, ci condanneranno e diranno il falso su di noi.

Voglio quindi che tu sappia la verità e che tu la dica alla gente, affinché siano sempre di più le persone che protestano. Se siamo in tanti, forse ci ascolteranno.

A presto, spero.

John.

MATILDE (2016)

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Slums di Londra (Regno Unito) in una incisione dell’illustratore francese Gustave Doré, 1872.

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Manchester 1835

Cara Adrienne,

adorata moglie, ti scrivo per comunicarti che momentaneamente lavoro nei cotonifici del Lancashire. Purtroppo, come a tanti miei colleghi, toccherà anche a me venir licenziato perché il mio salario è molto più alto di quello delle donne e dei minorenni che devono solo controllare qualche macchina e la mia esperienza da operaio specializzato non serve più. Fortunatamente come sai sono un uomo robusto e se mi andrà bene sarò impiegato in un lavoro che richieda grande forza fisica.

Inoltre noi operai siamo super tassati, tutto ha un costo: il nostro pane, il nostro zucchero, il nostro malto, solo una cosa non è tassata: il telaio meccanico e a proposito di telaio meccanico non sopporto più il suo rumore assordante, il solito schifoso paesaggio di ciminiere fumanti e mi manca veramente la mia umile e accogliente bottega. Vorrei tornare lì da te e dai nostri figli, ma è la condizione economica che non me lo permette, e mi quindi mi tocca vivere in case prive di fognatura e di igiene, per questo motivo alcuni miei compagni si sono ammalati di colera.

Comunque non mi manca la speranza di riuscire a mandare i nostri figli a scuola per farli diventare qualcuno nella vita, fargli fare carriera e non passare mai momenti di vita brutti come nella mia. Se continua così, soffriremo tutti di una fame acuta. Teniamo duro e rimaniamo uniti.

Scrivimi presto, tuo Damian

DAMIANO (2016)

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Viaggio inaugurale del primo treno “Intercity” della storia, sulla ferrovia tra Liverpool e Manchester (Regno Unito). Illustrazione di A.B. Clayton, 1830.

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21 febbraio 1810

Cara Regina, 

io sono un operaio che lavora e abita in un quartiere molto vicino ad un porto dell’Inghilterra, nella città di Bristol. La città, che è una località costiera, offre un paesaggio di per sé particolarmente meraviglioso. Io però non posso visitare luoghi, paesaggi o divertirmi, perché devo lavorare quotidianamente per quindici ore. Le persone che vivono qui sono sempre e comunque costrette a lavorare ininterrottamente, di conseguenza non ne vedo una felice. Spesso anche i ragazzini e persino i bambini sono costretti a farlo, invece di andare a scuola come dovrebbero fare tutte le persone della loro età.

Mi ricordo ancora che una volta era arrivato un generale o qualcuno di alta classe sociale e dopodiché ho visto un operaio, che tral’altro lavorava assieme a me, sdraiato davanti ai miei occhi, morto. La ragione era che aveva fatto sciopero per due giorni, perciò ha tralasciato parte del lavoro assegnato a lui e non ha portato il risultato che doveva portare.

Adesso parliamo di me, ogni giorno mi alzo e vado a dormire sempre molto presto per poter avere abbastanza energia per lavorare. Da quando ho iniziato a lavorare, adesso non mi ricordo neanche più, per il lungo tempo che è passato, non ho fatto altro che faticare, impegnarmi e gli unici momenti in cui mi posso riposare sono solo quando dormo. Io penso che solo dopo aver fatto lo sciopero le persone dello Stato, i borghesi capiranno l’importanza della nostra esistenza. Se non lo facciamo, rimarremo sempre sottomessi, costretti e inoltre pagati pochissimo. Vorrei che voi ci assegnaste le assicurazioni per eventuali malattie. Uno dei miei grandi desideri è di cambiare la mia vita quotidiana e di dotarla di un po’ di tempo libero, oltre a quello dedicato a dormire.

La mia vita è migliorata rispetto a quella di quando ero piccolo. Da piccolo ero molto povero, niente vestiti decenti e addirittura, se avevo sfortuna, non riuscivo a trovare da mangiare per giorni e giorni. Ora invece riesco almeno a sfamare tutta la mia famiglia e da questo riesco a capire che basta lavorare sodo, si riuscirà ad avere un risultato anche buono, in questo caso. Spero che la vita quotidiana dei lavoratori e della mia famiglia migliorino man mano sempre di più. Io continuerò a fare il mio meglio come operaio e spero che ci trattiate meglio, con rispetto e un minimo di libertà. Nonostante tutto questo, ho lo stesso il pensiero che riesca a migliorare la condizione della società, della mia città e di tutta l’Inghilterra, perché in fondo è la mia patria. Spero che siate meno crudeli con noi e consapevoli del danno che ci provocate.

In questi periodi, avete sempre più possibilità di costruire nuovi macchinari che lavorano al posto nostro, e questo ci rende facilmente disoccupati. Ricordate però, che anche le macchine più avanzate sono costruite ed inventate da uomini, tra cui operai, quindi noi possiamo definirci come costruttori di esse. I macchinari quando hanno qualche danno o quando sono rotti, hanno bisogno di persone che se ne occupino, di tanti materiali per renderli più resistenti e soprattutto molti soldi. Senza di noi, voi non riuscireste mai ad avere questi denari per tutte quelle macchine. Posso dire quindi che gli operai sono più importanti. Se ci sostituite con delle macchine, noi non avremo più il lavoro, pertanto il numero dei ladri, vandali e persone simili aumenterà. Questo procura un danno alla società e non solo, piano piano anche a tutto il paese. A quel punto diventerà molto più disordinato e non riuscirete più a rimettere le cose come prima. Alcuni di noi potranno anche emigrare dall’Inghilterra, ma in quel momento non avrete più nessuno a vostra disposizione e il paese di conseguenza si impoverirà, come successo tanti anni fa. Un’altra cosa ancora più pericolosa è che queste persone potrebbero trasformarsi in persone contro l’Inghilterra, fare cose inaspettate quanto brutte, come vendicarsi. Questo non è affatto bello per voi.

Dopo tutto questo ritorniamo indietro e parliamo di adesso. Noi operai abbiamo il diritto di avere una paga equilibrata, abbiamo il diritto di ricevere assicurazioni nel caso ci ammaliamo, di poter fare scioperi e via dicendo… senza di noi la società non riuscirebbe a svilupparsi fino ad arrivare a questo punto.

Detesto le guerre e spero che non ce ne siano o almeno che ce ne siano di meno. Visto che è una faccenda fra soldati e generali, non dovrebbe coinvolgere pure gli operai. La cosa migliore è la PACE. Spero tantissimo che quel giorno arrivi presto, perché fare la guerra ci porta via tutto, i familiari, il lavoro, il cibo, la paga, una vita normale… l’unica cosa che rimane è l’odio. Inoltre provoca solo la rovina di un paese, non lo sviluppo e per questo dobbiamo cercare di migliorare il tutto iniziando da noi stessi, facendo ognuno la propria parte, il proprio dovere e dare il proprio contributo.

La mia fabbrica sta cominciando a progettare ed organizzare un’associazione al riguardo (visto che le cose stanno peggiorando, noi non possiamo non fare niente), io però Le ho parlato e vi ho parlato (allo Stato) pure delle conseguenze che riceverà la società, se andiamo avanti di questo passo. Io, essendo un componente della mia fabbrica, non vorrei vedere i miei compagni di lavoro e me stesso trattati in questa maniera. Molte volte addirittura si perdono vite di persone che ritengo preziose. Tutto questo può sembrare egoista, ma sappiate che non sono l’unico operaio che desidera una vita migliore, bensì è un’idea collettiva.

Se uccidete in continuazione per motivi ingiusti, succederà lo stesso discorso dei macchinari. Un colpo di spada è mille volte più veloce della nascita di un nuovo operaio. Con questo concludo la mia lettera, spero che la Regina legga quello che ho scritto, che voi ci riflettiate, e meglio ancora se ascoltate i miei giudizi e consigli sulla legge del DIVIETO DI SCIOPERO.

Cordiali saluti.

Ben Jonathan, BRISTOL, UK

YING (2019)

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Operai e operaie nella Marshall’s Mills, una tra le prime fabbriche per la filatura del lino a dotarsi di macchine a vapore, a Holbeck, Leeds (Regno Unito). Penny Magazine Supplement, dicembre 1843.

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13 aprile 1779

Egregi parlamentari inglesi,

siamo un gruppo di operai di una fabbrica siderurgica di Birmingham e scriviamo a voi perché non siamo per niente convinti di continuare una vita così. In questi ultimi tempi hanno licenziato ben 21 donne, 13 uomini e 7 bambini, e tutto questo a causa delle macchine che stanno prendendo il nostro lavoro.

Siamo sei persone a scrivere questa “petition”, di cui due hanno moglie e figli che lavorano in una fabbrica tessile di Liverpool e riescono a vedersi solo se i mariti spediscono i soldi per pagare il viaggio. Perché le donne e i bambini non possono permettersi un salario pari a quello degli uomini? E’ un delitto più grave dello sciopero tenerci lontano dalle nostre famiglie. La settimana scorsa è morto un nostro operaio che il giorno dopo doveva andare a trovare la moglie e i suoi quattro figli a Manchester, era così felice di poter vedere loro di nuovo che ha lavorato giorno e notte per guadagnare un salario maggiore. Voi ritenete un delitto scioperare per protestare contro la fabbrica, ma distruggere la felicità di un uomo e la sua propria vita per mezzo del lavoro, non ritenete che sia un delitto maggiore?

Le persone stanno morendo a causa delle troppe ore di lavoro e non si può costringere una persona a lavorare facendosi male, senza avere un’assicurazione. Forse voi non riuscirete a capirci, perché non vivete in un inferno, vedendo gente intossicata da fumi nocivi, malati di vaiolo perché non c’è un’igiene adeguata per noi.

NON SIAMO ANIMALI, né tanto meno vostri servi, vogliamo vivere una vita sana, e stessi diritti per uomini e donne, non solo nel lavoro, ma anche nel salario. Cerchiamo di creare un futuro migliore per i nostri figli mandando loro a scuola per un’istruzione, invece di far lavorare loro nelle fabbriche.

Le macchine riescono a produrre il doppio degli uomini, ma non avranno MAI la manifattura che può produrre un artigiano. Certo che le persone minacciano di distruggere le macchine! Perché se un operaio si fa male in fabbrica non c’è assistenza. Le macchine se si rompono, si aggiustano; se ci facciamo male noi, nessuno ci aiuta. Non abbiamo più libertà, dobbiamo lavorare dalle 6am alle 8pm senza interruzione e abbiamo troppe regole, non possiamo neanche uscire da questa struttura. Molti dei nostri operai sono morti di fame, perché non hanno abbastanza soldi per pagare tasse e per permettersi di pagare il cibo. Non riusciamo neanche a pagare le tasse e sapete perché? Perché i CAPITALISTI non ci pagano salari adeguati per poter pagare i servizi fondamentali della vita.

Rispetto alla manifattura del secolo scorso, i tempi di lavoro sono aumentati molto e non riusciamo a vivere una vita normale. Vorremmo che cambiassero:

– i salari delle donne pari a quelli degli uomini

– non sfruttamento dei minori, dobbiamo dar loro un’istruzione per un futuro

– assicurazioni per malattie o invalidità a cui abbiamo diritto

– non licenziamenti a causa delle macchine

– igiene senza fumi nocivi

– non vogliamo che le persone muoiano a causa delle macchine

– vogliamo che il tempo di lavoro si riduca per vivere una vita normale

– dobbiamo avere materiali e attrezzi di lavoro ottimi

– vogliamo vedere il prodotto finito per una soddisfazione

– abbiamo bisogno di controllare il lavoro

– aumentare i salari per pagare il cibo, i servizi e le tasse

Per favore, noi come altri centomila operai abbiamo bisogno, solo voi riuscite a cambiare il mondo. Se non riusciremo ad avere quello che abbiamo chiesto, sciopereremo, fino a quando non capirete com’è vivere in un inferno.

VIRGINIA, MANAL, NAOMI, DANIELA, MASSIMO, ZHONG XIANG (2013)

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(1) il laboratorio è pubblicato in: A. Brusa, L. Bresil, M. Tamburiello, Il nuovo racconto delle grandi trasformazioni, Laboratorio 2, Ed. Scol. Bruno Mondadori 2005. 

Se sei un* docente e vuoi approfondire il tema della condizione operaia delle origini, il laboratorio si ispira ai lavori dello storico inglese Edward P. Thompson, autore nel 1963 di “The making of the English working class” (trad. it. Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra, 1969), che – recita l’enciclopedia Treccani – “per ricchezza di analisi e innovazione teorica costituisce un punto di riferimento essenziale per la storiografia del movimento operaio e per la storia sociale in genere”. Consulta anche il dossier La rivoluzione industriale a cura di Luigi Cajani, in Mundus, I/2, 2008.

L’immagine di copertina (“Frame-breakers”, luddisti che distruggono un telaio meccanico, 1812) e tutte le altre dell’articolo provengono da pagine di Wikipedia.

 

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