Mescolafiaba #7

Il laboratorio di scrittura Mescolafiaba è sbarcato in 1C (IC L. da Vinci, Reggio Emilia, a.s. 2020/2021). Con la prof Mariagrazia Zappellini, gli studenti si sono cimentati a smontare e rimontare le fiabe che conoscono o che hanno studiato. Ecco le prime tre. Facciamo un gioco: siete in grado di indovinare da quali fiabe sono formate?

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La storia del cane Garçon che imparò a volare

C’era una volta un cane di nome Garçon, che era nato a Parigi ma si era trasferito a Venezia dove, quasi tutti i giorni, andava a visitare i monumenti, i musei, piazza San Marco e i campi più belli della città; era conosciuto come il cane più elegante del mondo!

A Venezia fece molte amicizie, ma i più grandi amici che trovò erano sei piccioni.

Il giorno prima di un viaggio per tornare a Parigi, il cane Garçon venne derubato, quindi non poté più permettersi quel viaggio. Decise di andare a chiedere aiuto ai suoi amici piccioni. “Potete darmi una mano a trovare un modo per intraprendere il mio viaggio?”, chiese il cane Garçon. “Abbiamo un’idea”, risposero loro, allora il cane Garçon, incuriosito, chiese: “E come potreste fare?”. Ed essi risposero: “Ci possiamo mettere in due sui tuoi piedi, in due sulle tue spalle e in due sulle tue braccia per farti volare”. Il cane Garçon, tutto felice, accettò la proposta dei piccioni, che gli chiesero: “Dove devi andare?”. “A Parigi”, rispose lui.

Il giorno dopo, una volta preparate le valigie, partirono per Parigi. Il viaggio fu molto divertente e quando arrivarono venne dato un premio al cane Garçon come primo cane al mondo ad essere riuscito a volare. Ma lui si tenne il premio per sé, senza ammettere il merito dei piccioni, che si arrabbiarono moltissimo e finirono l’amicizia con il cane Garçon, che rimase senza dei veri amici.

Dopo qualche mese, il cane Garçon decise di andarsi a scusare con i piccioni, che però rifiutarono le sue scuse ancora offesi dal suo comportamento.

Allora lui escogitò un piano: invitare in modo anonimo i piccioni ad una conferenza stampa, nella quale voleva dare il merito che spettava ai piccioni e restituire il premio che aveva ricevuto senza meritarselo.

Dopo tre giorni ci fu la conferenza, e il cane Garçon disse quello che aveva programmato e alla fine i piccioni andarono da lui e lo perdonarono. Il cane, allora, propose: “Torniamo a Venezia nella mia casa, lì potremmo vivere insieme e felici”. I piccioni accettarono e una volta fatti i bagagli si misero due sui suoi piedi, due sulle sue spalle e due sulle sue braccia e lo fecero volare di nuovo per tornare a Venezia.

La vita del cane Garçon con i piccioni trascorreva benissimo, si divertivano un sacco e condividevano tantissime passioni e tantissime esperienze, e ogni tanto volavano qua e là.

DANIELE, 2021

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La sorella maggiore, la sorella minore, un gatto e… chi altro?

C’era una volta una vedova che aveva due figlie: la maggiore era antipatica e orgogliosa come la madre, la minore era dolce e gentile proprio come il padre, ed era una delle più belle ragazze che si fossero mai viste.

Un giorno il padre dovette partire per affari e fece un dono alle sue figlie. Una finestra d’oro e una d’argento. Quando fu lontano, le sorelle si misero alla finestra: la più grande a quella d’oro, la più piccola a quella d’argento. Dopo un po’ passò il figlio del re che disse ad alta voce: “Quella dell’oro è bella, ma quella dell’argento è ancor più bella: buonanotte alle belle e alle brutte!”.

La figlia maggiore, udite le parole del principe, bollì di rabbia e così, il giorno dopo, scambiò il posto con la sorella. Quando il principe passò, si ripetè la storia e la sorella minore rimase sempre la più bella.

La più grande, che non riusciva a sopportare che qualcuno fosse più bello di lei, organizzò un inganno con la madre (odiava la figlia più piccola e, se c’era un modo per liberarsene, ne approfittava volentieri). La figlia maggiore disse che le era caduta la rocca dalla finestra dietro la casa e la sorella minore si offrì per andare a prenderla. Con l’aiuto della madre la calarono giù con una fune ma appena toccò il suolo tagliarono la corda e chiusero la finestra. Lei, capendo di essere stata tradita, scoppiò in lacrime, poi si mise in cammino in cerca di un riparo e di cibo.

Cammina cammina, incontrò un gatto che indossava due grossi stivali. I due fecero subito amicizia. Stettero molto tempo insieme; il gatto procurava cibo per tutti e due e riuscirono a sopravvivere nel bosco senza un becco d’un quattrino. Un giorno un giovane dio di nome Cupido scagliò una freccia sulla fanciulla, che quindi s’innamorò del gatto. Quando lei gli disse che voleva sposarlo, il gatto si trasformò in un bellissimo principe. Le rivelò che era sotto l’effetto di un incantesimo e solo se qualcuno avesse accettato di sposarlo malgrado il suo aspetto da gatto, avrebbe ripreso le sue vere sembianze. Lei e il principe si sposarono e vissero tutti felici e contenti.

A proposito! Il nome della fanciulla era Cenerentola!

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Fiabe utilizzate: Le fate, Ciricoccola, Il gatto con gli stivali, Amore e Psiche, Il principe che sposò una rana, Cenerentola, e altre ancora.

CATERINA, 2021

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Vaccinino, il bambino coraggioso

C’era una volta, tanto tempo fa, una città non tanto grande con un nome un po’ buffo dove la gente viveva felice. Questa città si chiamava Reggio Emilia o Reggio nell’Emilia. Era un posto come ho detto non tanto grande, ma aveva tutto: splendidi palazzi, chiese, locali dove gli abitanti potevano trovarsi per bere, mangiare e divertirsi. Ma soprattutto c’erano parchi dove ogni giorno tantissimi bambini potevano andare a giocare tutti insieme. Era davvero una città dove le persone erano felici perché avevano tutto… anche se forse non lo sapevano.

Reggio Emilia, Piazza Martiri del 7 luglio 1960, giugno 2020.

Poi un giorno, all’improvviso, iniziarono a comparire strani cartelli, strisce di plastica bianca e rossa davanti a molti luoghi. C’erano persone che continuavano a dire: “Qua non si può entrare! Questo non si può fare! Dovete stare lontani!”. E così giorno dopo giorno le strade iniziarono a svuotarsi, la gente non si trovava più per bere e mangiare, i bambini non giocavano più insieme. Non si sentiva più ridere, le persone erano sempre più tristi e rimanevano chiuse in casa.
Ma c’era un bambino, di nome Vaccinino, che proprio non ne voleva sapere di stare chiuso in casa, lui voleva correre, giocare e ridere come aveva sempre fatto. Vaccinino usciva sempre di nascosto per non farsi vedere e girava per la città, cercando di capire cosa fosse successo.
Un giorno Vaccinino – durante uno dei suoi giri di esplorazione – arrivò vicino al famoso teatro della città, il teatro Romolo Valli. Dietro al teatro c’è un grande parco pubblico che gli abitanti chiamavano “I Giardini”, e lì Vaccinino notò una cosa che lo incuriosì tantissimo.
Proprio al centro dei Giardini, dove una volta si trovava un’enorme fontana, c’era un grosso buco da cui usciva una sorta di fumo. Ma non era proprio come il fumo, sembrava più come l’aria calda che esce dalla pentola quando bolle l’acqua. Era trasparente e si muoveva veloce. Vaccinino non capiva cosa potesse essere, si avvicinò piano piano per vedere meglio. Arrivato molto vicino al buco, nascosto dietro un grande albero, sentì delle voci: “Hai visto Covid? Io, il malvagio Dott. Corona, ho creato il mio esercito invisibile di virus! Sono riuscito a far ammalare tutti e finalmente smetteranno di ridere, far confusione, se ne staranno chiusi per sempre nelle loro case e io potrò fare tutto quello che voglio!”. “Siete davvero malvagio Dott. Corona” disse Covid, “se solo sapessero che per sconfiggere l’esercito virus basta coprirsi il naso e la bocca, magari con una maschera e rimettere la fontana di acqua pulita per chiudere il buco!”. “Già la pulizia è davvero l’unico nemico del mio esercito, ma gli abitanti non lo scopriranno mai! Quando il mio esercito ha iniziato a colpire, nessuno lo ha capito! Anzi pensavano solo a come continuare a divertirsi, senza accorgersi che così il mio esercito avrebbe colpito ancora più forte!”.
Vaccinino non voleva credere a quelle parole! Una malattia, una malattia invisibile era la causa di tutta quella tristezza e di quei divieti. Una malattia che si poteva sconfiggere indossando una maschera, sì una maschera, proprio come i super eroi e utilizzando l’acqua per lavarsi ben bene.

Vaccinino corse via senza farsi vedere, e iniziò a bussare ad ogni porta e a suonare tutti i campanelli. Iniziò a raccontare a tutti quello che aveva visto e sentito. All’inizio nessuno gli credette, era tutto troppo assurdo e poi erano tutti così tristi e impauriti.
“Uffa, ma perché nessuno ascolta mai i bambini!!!”, pensò Vaccinino. Allora corse a casa, prese la sua maschera da orsetto che gli copriva tutto il viso a parte gli occhi, prese anche tutte le altre maschere da super eroe che la mamma gli aveva regalato per i suoi compleanni e cercò tutti i suoi amici, convincendoli ad indossare le maschere.

La squadra di super eroi guidata da Vaccinino arrivò ai Giardini, tutti con i loro fucili ad acqua e iniziarono a sparare contro l’esercito del virus, contro Covid e soprattutto contro il dott. Corona. Era una battaglia disperata, i super eroi non avevano abbastanza acqua per sperare di vincere!
Ma all’improvviso ecco che tutti gli abitanti della città, che avevano visto la battaglia dei super eroi, uscirono dalle loro case, ognuno con una maschera, chi da Zorro, chi da Batman, chi semplicemente con un fazzoletto e si unirono alla battaglia.
Alla fine c’erano proprio tutti gli abitanti della città, e tutti insieme riuscirono a sconfiggere il dott. Corona e il suo aiutante Virus. Richiusero l’enorme buco mettendoci sopra una bellissima fontana di acqua pulita con sopra una statua…. in maschera!

CHRISTIAN, 2021

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In copertina una foto di Tiziana: l’artista Pin mentre disegna un murale a Bisceglie (Bari), agosto 2020; nell’articolo, una foto di Enzo (Selva di Fasano, Brindisi 2020) e un disegno di Caterina, della classe 1C.

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