Orfeo e Euridice

Il 28 febbraio 2024, le classi 1A, 1D e 1E della Scuola Secondaria “Leonardo da Vinci” sono andate al Teatro Ariosto, in Piazza della Vittoria a Reggio Emilia, per vedere la rappresentazione teatrale del mito di Orfeo e Euridice a cura della compagnia “Il baule volante” di Ferrara. A teatro c’erano anche classi delle scuole Fermi e Aosta. Il motivo di questa uscita è stato che stiamo studiando i miti e in particolare la mitologia greca.

Nel teatro era raccomandato stare in silenzio, non mangiare, non fare confusione, rispettare il luogo, spegnere i cellulari e non sparare luci a caso. Le regole per convivere a teatro sono poche ma importanti per sé stessi e per gli altri.

Il mito

Orfeo era figlio della musa Calliope e del re della Tracia (ma alcuni dicono che fosse figlio del dio Apollo). Fin da piccolo aveva un talento per la musica tale che, quando egli cantava le sue poesie e suonava divinamente, qualsiasi cosa (anche i sassi), persona o animale si fermava ammaliata ad ascoltarlo.

Però in età adulta era alla ricerca di una melodia, ma ebbe una specie di “blocco del musicista” e si arrabbiò con gli dèi. In modo molto rocambolesco si fece un taglio sulla mano e in quel sangue vide l’ispirazione e con la sua lira suonò. Incontrò una ninfa di nome Euridice e si innamorarono, si sposarono. Però un giorno Euridice era a fare una passeggiata con le altre ninfe e un serpente la morse e morì (ci sono diverse versioni che spiegano come morì).

Quando Orfeo lo scoprì andò in depressione e, spinto dal dolore, decise di andare nell’Ade (gli Inferi) per recuperare la sua amata. Dopo aver attraversato il fiume Stige con Caronte, e aver superato il cane a tre teste Cerbero, convinse Ade e Persefone a concedergli una possibilità, ma avrebbe dovuto superare una “prova”: uscire fino alla luce del Sole senza mai voltarsi e Euridice l’avrebbe seguito. Era arrivato alla luce, quindi si voltò, ma vide che Euridice non aveva ancora raggiunto la luce, ella era soltanto un’ombra che svanì e non la rivide mai più finché non morì.

Lo spettacolo

Lo spettacolo ci è piaciuto molto, gli attori sono riusciti in due con delle torce a mettere su uno spettacolo coinvolgente e interessante, e per alcuni anche commovente. La fotografia (le luci) è stata usata nel migliore dei modi per dare la sensazione dei luoghi in cui i personaggi erano in quel momento, non hanno neanche avuto bisogno della scenografia o di un fondale, infatti non c’erano oggetti di scena. Non hanno usato costumi particolari: solo pantaloni e gonna neri e camicie bianche. Per loro era comodo recitare e muoversi scalzi e liberi. Per raccontare questa storia hanno usato una espressività mimica coinvolgente e quando cambiavano personaggio e facevano vedere la sua emozione lo interpretavano alla grande.

La coreutica era molto bella e piacevole: quando facevano dei movimenti erano molto coordinati, i movimenti sul palco rendevano lo spettacolo molto chiaro e vivo. Anche solo il muoversi di un dito voleva dire un milione di cose. La musica, soave e melodica, è stata usata molto bene. Dava un senso di ansia se serviva, o di tranquillità o di suspense. Tutto era fatto nel modo giusto e nel momento giusto: era tutto perfetto. I due attori, Andrea Lugli e Liliana Letterese, sono stati molto bravi.

CLASSE 1D, 2024.

(Prof Marco Cecalupo) Tornati a scuola, mi sono affacciato all’aula docenti, dove alcune colleghe avevano appena avviato una simpatica discussione, tra il comico e il filosofico: ma perché quel… di Orfeo si gira? Ho subito riportato la domanda in classe. Ecco alcune risposte:

Mohamed: Perché Orfeo ha interpretato male le parole di Ade. Lui pensa che si tratti di un inganno, e si sente un estraneo nel mondo dei morti.

Alessio: Orfeo sapeva che Euridice era solo un’ombra, un ricordo.

Adem: Lei diceva “girati!” e lui diceva “No!”, ma lui sa che non è veramente lei, e così la vuole vedere un’ultima volta.

Marco: Lei gli diceva di girarsi e lui si è fidato.

Iris: Perché mentre camminano lei dice che l’amore è solo un ricordo e lui capisce che lei non è la vera Euridice. Era un amore così grande per il quale Orfeo aveva fatto di tutto, ma a quel punto era esausto. Euridice sapeva che se Orfeo fosse andato di nuovo a vivere con lei dopo tutto questo, non sarebbe stato lo stesso.

Nicolò: Morta Euridice è morto il loro amore, perché non può superare la morte.

Antonio: Perché Orfeo riconosce la sua voce.

Ilaria: Lei non lo amava più, e insistette perché sapeva che in quel modo sarebbe finito il potere che gli dèi gli avevano dato. Orfeo capì che l’unico modo per reincontrare Euridice era morire e così fu.

Amelia: Orfeo trae ispirazione per il suo canto da Euridice ma lei non vuole più essere sfruttata come musa. La morte è più forte dell’amore, ma in un certo senso l’amore è più forte della morte.

In copertina e nell’articolo: Andrea Lugli e Liliana Letterese in “Orfeo e Euridice”, Teatro Ariosto, 28 febbraio 2024, Reggio Emilia (foto di Marco).

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