La notte

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Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel, La notte, 1958 (tit. orig. און די וועלט האָט געשוויגן , E il mondo tacque)

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Il 13 gennaio 2022 il prof. Daniele Castellari è venuto nelle nostre aule a leggere alcuni brani del libro “La notte”, di Elie Wiesel, sopravvissuto alla prigionia nei campi di concentramento nazisti di Auschwitz, Buna/Monowitz e Buchenwald. La classe 3D ci ha lavorato poi con la prof. Lucia Minelli. Qui vi proponiamo le considerazioni di alunne e alunni e i loro caviardage ispirati dall’ascolto e dalla lettura del libro:

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Beh, sarebbe strano sentirsi bene dopo un racconto del genere, è chiaro che ognuno si fa le sue riflessioni personali, io sono un po’ disgustato da ciò che succedeva in questi luoghi, la tristezza è inevitabile…

Anonimo

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E’ complicato spiegare come mi sento. Non credo che le parole possano bastare. Sicuramente provo disgusto per tutte le atrocità nominate in quel libro. Non riesco neanche a credere che una cosa del genere possa essere creata dalla mente di un umano. O anche che qualcuno sacrificherebbe la vita di un suo caro per salvare la propria. Sinceramente, appena il racconto è finito, ho quasi sentito un conato di vomito. Se qualcun altro avesse scritto il libro forse non avrebbe fatto così effetto, soltanto una persona che ha vissuto un’orrore del genere riuscirebbe a descriverlo con tanto dolore e ribrezzo.

Anonimo

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Io sarei stata mandata dalla parte di destra…  non ho provato nessun sentimento. Kapò è il prigioniero del campo di concentramento che aveva il compito di comandare gli altri deportati. Alla fine iniziano a perdere la fede e non credere neanche in dio, perchè veniva sempre detto loro che dio li aiuta ecc… va a finire che il ragazzo vive e suo padre muore.

Anonimo

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Il vuoto. Questo era ciò che sentivo, la sensazione che non ci sia stata umanità, un’umanità che in certe occasioni continua ad esserci in modo trasparente… Mi sentivo vuoto, ma pieno di sentimenti atroci… Il modo in cui il professore Castellari leggeva e si esprimeva durante la lettura mi ha reso come rintronato, stordito. Avevo la necessità di stare in silenzio, un silenzio che mi potesse far pensare, perché l’argomento non è semplice. Questo vuoto si espande ogni volta che penso che questo fu un massacro tra esseri umani; esseri umani, non animali… Ma esseri umani, che avevano solo qualche differenza tra loro, ma una differenza che per i nazisti era fondamentale… anche se essere differenti dagli altri o avere pensieri differenti dalle altre persone non è sbagliato.

Sergio

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Difficile da descrivere il sentimento, mentre ascoltavo, immaginavo anche come sarebbe stato se il ragazzo di quindici anni che è stato portato in quel posto e ha perso la sua famiglia fossi stato io, cosa sarebbe successo. Sarebbe una bugia dire che non sarei triste e indifesa, ma in fondo io non sono lui e non riesco, non voglio capirla quella sensazione.

Anonimo

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Penso che sia una sensazione difficile da spiegare, un vuoto ecco, quello che mi ha travolto durante la lettura di questo libro, non riuscivo a fare uscire dalla mia bocca delle parole, preferivo di gran lunga il silenzio. Un silenzio che ti fa riflettere, mi rattrista il fatto che ci siano ancora persone oggi che ironizzano su questi fatti realmente accaduti, mi ha colpito non solo il libro in sé, ma anche il modo in cui il prof. Castellari interpretava il libro e la storia.
Anonimo

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In questo libro si nascondono dolore e perdita. Trovo questo libro triste. Scelgo destra, alla fine hanno iniziato a perdere la fede.

Anonimo

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Non ci riesco, ci ho provato. Non riesco a piangere, sono senza lacrime, come Elie. Brucia dentro quello che provo e non riesco ad esprimermi: la bocca non si apre e gli occhi non riescono a non guardare il vuoto. È come se le mie pupille fossero rimaste lì per mostrare ancora vita, ma il mio sguardo è assente e credo si veda. Mi chiamano cuore di pietra, non mi commuovo davanti ai film, davanti a letture simili a questa, davanti ad un dolore che supera i limiti umani… Ma la realtà è che dentro c’è di più, dentro c’è tanto, forse troppo. E non è vero che se il viso è felice, lo è anche l’anima, non mi credo felice in questo momento. Tutto ciò è una palla di cannone che distrugge un frammento di anima, è talmente piccolo che non lo sento, mi sento normalissima ma so che dentro di me qualcosa se ne è andato. Quando il professore ha cominciato a descrivere i sentimenti del protagonista, non so per quale motivo, ho cominciato a pregare. Dentro di me, qualcosa lì dentro mi ha detto di pregare Dio. E se ripenso a tutte le volte che ho dato poca importanza alla mia fede, ricordo che Elie l’ha persa guardando in faccia un bambino senza colpe, morire in un lager. E mi sento normale. Mi ucciderei per quello che il mio corpo si rifiuta di provare, perché lo so che la mia anima è in brandelli.

Laura

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Queste parole sono molto toccanti e allo stesso tempo forti, perché arrivano dirette e suscitano emozioni profonde. È un tema difficile da affrontare, perchè tratta di un disastro partorito dalla mente umana. Sono una persona sensibile e queste parole mi hanno fatto intristire e riflettere. Questo dramma, che ha tutte le ragioni per avere questo nome, tace. Non mi spiego le ragioni e le motivazioni per compiere delle azioni così spietate. Nella “notte” abbiamo letto di una vita “monotona” scandita dal lavoro forzato, dal dolore che si provava ma si doveva dimenticare per andare avanti, del ripetersi sempre più doloroso dei maltrattamenti che mai, nella vita normale, nessuno avrebbe accettato. Penso che tutto questo non debba mai essere dimenticato, in modo da istruire chi non ne sa nulla.

Jacopo
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Come sto? Questa è una domanda interessante, perchè non so come sto veramente. Mi sono spaventata come se avessi vissuto l’esperienza raccontata. Sono sorpresa… Volevo che Elie rimanesse integro, che credesse di più… Forse la penso così perchè non ero lì, non so realmente di tutto lo schifo che hanno passato, l’odore di carne umana, calpestare gli altri sotto forma di cenere, respirare un’aria irrespirabile, respirare loro. Sentire le loro urla sofferenti mentre vengono bruciati, sentire il nostro silenzio. Provo sofferenza per il figlio separato dalla madre e dalla sorella, senza sapere che quello sarà per sempre l’ultimo attimo in cui le vedrà in vita, vedere il proprio padre soffrire e non poter fare nulla, essere soffocati da altri corpi e combatterli per sopravvivere, avere paura di addormentarsi, vedere tuo padre morire… Spero di non dover mai provare quello che lui ha vissuto, di non provare tanta sofferenza… Loro che darebbero oro per qualche briciola in più di cibo e un letto su cui stendersi… Io, noi che ci lamentiamo di non avere il nostro cibo preferito a portata di mano, il letto troppo piccolo, non avere cose di marca: che sciocchi che siamo.

Saoudatou
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Dopo la lettura sono rimasto subito sconvolto dalla brutalità delle azioni commesse fuori e all’interno del lager. La distruzione completa dell’essere umano, trattato come una bestia, denigrato e privato di ogni singola cosa che lo distanzia dall’essere come un animale, privato della coscienza. Sono rimasto sconcertato ed impressionato dai dettagli letti dal professor Castellari che, con la sua lettura stupefacente, mi ha fatto immedesimare nella vita di Elie Wiesel e dei deportati senza speranza eppure aggrappati alla vita.

Dario

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Dopo la lettura mi sono sentito molto spiazzato, perchè parla di cose veramente accadute e non posso immaginare cosa possa aver provato chi è stato nei campi di lavoro… nessuno può. Mi sono sentito triste e impotente, perchè non si può cambiare il passato. Il mio silenzio non era dovuto solo a come mi sono sentito, ma era anche il silenzio che io dedico a chi è morto. Un silenzio rispettoso per chi è riuscito a sopravvivere e che deve portare per sempre con sé i ricordi di quello che ha passato. Infine ho provato pietà, la pietà per chi è sopravvissuto. “Non provare pietà per i morti, provala piuttosto per i vivi”. Albus Dumbledore

Anonimo

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Non so bene cosa sto provando, mi sento strano… le parole del prof. Castellari mi hanno spiazzato. Mi sento come mai mi sono sentito prima, provo tristezza per le persone che in quegli anni venivano torturate. Mi sto ancora chiedendo come alcune di loro siano riuscite a sopportare e sopravvivere a queste torture fisiche e psicologiche… come hanno fatto a resistere al freddo terribile della Polonia indossando solo pochi vestiti; come hanno fatto a lavorare tanto con pochissimo cibo, per poi andare a letto (se si possono chiamare letti delle semplici tavole di legno) a stomaco vuoto, senza aver potuto sentire i propri cari, senza sapere se sono ancora vivi o morti. Non voglio neanche immaginare cosa si provi a stare lì, trattati come animali, sapendo che prima o poi saresti finito nei forni crematori.

Samuele

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Mi rende veramente triste pensare a tutte quelle persone massacrate senza motivo, bambini, adulti e persino gli anziani! Con quale coraggio lo hanno fatto? Quando a un certo punto il professor Castellari ha descritto alcuni dei metodi di tortura sono rimasta scioccata… sapevo del lavoro duro, ma è diabolico farti credere che andrai a fare la doccia quando poi ti uccidevano con il gas; facevano esperimenti “scientifici”, se così possiamo chiamarli, sulle persone e li impiccavano pubblicamente per spaventarti. Cosa avrei fatto io?

Salma

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A volte le parole possono squarciare la carne peggio di una mannaia, a volte lasciano dei segni indelebili nelle persone, segni che magari un giorno non avranno lo stesso peso, ma saranno sempre presenti, saranno sempre parte di te. Le parole di questo libro penetrano dentro le persone come i proiettili di una pistola, che non lasciano scampo a chi legge. La cosa più spaventante, secondo me, è come un umano in un momento terribile pensi solo alla sua pelle, al costo di ammazzare qualcun altro, togliere del cibo a dei bambini pur di mangiare di più e non riconoscere più parenti e amici. Il libro mangia tutta la cattiveria umana e la sputa sotto forma di parole, parole che pesano come macigni e che schiacciano il lettore tra una pagina e l’altra. Quello che può fare un’idea di un cervello, trasformata in un ideale collettivo è agghiacciante e lo è ancora di più il fatto che le persone non ragionino con il proprio lume, con la propria ragione, come ci si faccia sovrastare da un ideale collettivo per non essere il diverso, che significava essere il marcio della società e tutt’ora succede. Credo che l’uomo sia la specie più fredda e insensibile che ci sia, uccidere milioni e milioni di persone come se fossero insetti, o peggio, perché neanche quello erano considerati, erano il cancro di tutto il male che accadeva allora, ma il vero cancro da sempre è l’avidità umana, la voglia di essere migliore dell’altro, se è necessario schiacciarlo, proprio come una formica. Il libro nasconde nelle pagine il campo e tra una pagina e l’altra riesco ad immaginarmi ogni singolo volto, di ogni persona dentro quei campi, riesco a vedere nella mia immaginazione i corpi sciupati e ridotti a stracci che camminano lavorano 10/12 ore per una libertà che non vedranno mai. La dignità cancellata, volata via assieme alla libertà, erano costretti a portare una maschera che non gli piaceva, una maschera che copriva ogni loro diritto, che copriva ogni loro desiderio e speranza, spazzati via come le foglie di inverno da un vento gelido, quale è il terrore. Ogni forma di dominio nasce dal terrore. A volte neanche io do peso alle parole che dico, ma questo libro mi ha ricordato, per l’ennesima volta, quanto una parola possa entrare nella testa e nel cuore di chi la ascolta o la riceve. Sono rimasto pietrificato da questo libro, non era la prima volta che ascoltavo testimonianze sulla Shoah, ma ogni volta e come se ricevessi una valanga di pugni nello stomaco.

Anonimo

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Quando il professor Castellari ci stava leggendo il racconto e ci parlava degli orrori che succedevano nei campi concentramento come Auschwitz, una persona non poteva che stare attenta perché erano cose inimmaginabili e tristi, storie di bambini, adulti e anziani che solo per una idea sbagliata di altre persone (nazisti e fascisti) venivano torturati, bruciati e sfruttati togliendo loro prima la dignità, poi la forza di vivere e infine la vita stessa. Questa storia è particolarmente molto triste perché piano piano le persone conosciute da Elie Wiesel muoiono e lo lasciano da solo con, come unica speranza, la vita del padre che dopo finirà lo stesso.

Anonimo

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Anche con uno sforzo di immaginazione non riesco a immedesimarmi, perchè credo sia stata una situazione talmente orribile da poter essere compresa solo da chi l’ha realmente vissuta. Trovarsi in un posto lontano, separato dai tuoi cari, senza sapere che fine faranno, vedere gente terrorizzata intorno… è veramente inimmaginabile e spaventoso. Pensare che ci sono persone che non credono che sia avvenuto o peggio ancora che sostengono il nazismo mi fa molto arrabbiare, non riesco a capire come la gente possa essere così stupida. Nel testo all’inizio si capisce molto bene come sia forse impossibile ritornare a vivere davvero dopo avere vissuto un’esperienza del genere.

Luca

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