Le regole del giallo

Tutti gli aspiranti scrittori di racconti e romanzi gialli devono confrontarsi con le “regole” proprie di questo genere. I maestri del giallo hanno provato ad elencarle, e noi ve ne proponiamo alcune qui sul blog.

Ma attenzione! Abbiamo detto confrontarsi con le “regole”, e autori come Agatha Christie ci hanno insegnato che i veri capolavori letterari sono quelli che infrangono le convenzioni. Lo stesso John Dickson Carr – uno tra coloro che le hanno scritte – ha affermato: “Queste sono massime d’oro. Io ci credo fermamente. Ma spesso le troverete infrante in modo ammirevole, schiantate come dal martello di Dio, nei “migliori” romanzi, mentre il lettore non desidera che applaudire. Perchè anche le mie massime non sono regole vere: sono solo pregiudizi”.

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S. S. Van Dine, Venti regole per scrivere romanzi polizieschi, 1928

Alcuni libri gialli della Biblioteca Ospizio, Reggio Emilia 2019.
  1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencate e descritte.
  2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
  3. Non ci dev’essere una storia d’amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all’altare.
  4. Né l’investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per una vera moneta d’oro; è una falsa testimonianza.
  5. Il colpevole dev’essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l’oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
  6. In un romanzo poliziesco ci dev’essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorio non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
  7. Ci dev’essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell’assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev’essere remunerato!
  8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto ab initio.
  9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo “deduttore”, un solo deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l’interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c’è più di un poliziotto, il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.

    Alcuni libri gialli della Biblioteca Ospizio, Reggio Emilia 2019.
  10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
  11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
  12. Nel romanzo deve esserci un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. Ovviamente che il colpevole può essersi servito di complici, ma la colpa e l’indignazione del lettore devono ricadere su un solo cattivo.
  13. Società segrete, associazioni a delinquere et similia non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una “chance”: ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
  14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz’altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d’avventura.
  15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall’inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che – inutile dirlo – capita spesso al lettore ricco d’istruzione.
  16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di “atmosfera”: tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l’azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dare verosimiglianza alla narrazione.

    Locandina del film Murders in the rue Morgue del 1948, tratto dal racconto di E. A. Poe del 1841.
  17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
  18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
  19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
  20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo “credo”, una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari ad ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
    • scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
    • il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induca a tradirsi;
    • impronte digitali falsificate;
    • alibi creato grazie a un fantoccio;
    • cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
    • il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
    • siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
    • delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
    • associazioni di parole che rivelano la colpa;
    • alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.

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Ronald A. Knox, Il decalogo, 1929

  1. Il criminale deve fare la sua comparsa all’inizio della storia, e non all’ultimo momento.
  2. La soluzione del delitto deve essere logica, senza ricorsi al soprannaturale.
  3. E’ permesso l’uso di una sola stanza o passaggio segreto.
  4. E’ proibito usare veleni nuovi, sconosciuti o che non lascino tracce.
  5. Niente stranieri dall’aspetto sinistro o maligno (in particolar modo cinesi).
  6. La soluzione del delitto non deve mai avvenire per una fortunata coincidenza.
  7. L’investigatore non deve mai essere il colpevole.
  8. L’investigatore non deve a bella posta nascondere al lettore gli indizi o le ragioni delle sue deduzioni.
  9. Se viene introdotto un “Watson”, questi non deve nascondere le sue opinioni.
  10. Mai ricorrere a gemelli identici oppure ad un sosia.

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John Dickson Carr, Il più splendido gioco del mondo, 1986

  1. Il colpevole non deve mai essere l’investigatore, un domestico o un personaggio di cui non ci è stato permesso di conoscere i pensieri.
  2. Il colpevole non deve mai, sottolineo mai, venir sospettato sul serio finchè non viene smascherato. Se non avete la furberia necessaria per mantenere la sua identità segreta fino alla fine, fate almeno finta di possederla. Magari il lettore capirà tutto fin dal principio e il vostro finale a sorpresa non farà effetto, ma l’effetto sarà comunque più soddisfacente così che se non doveste chiedere scusa per il vostro assassino “discolpandolo” in un capitolo precedente.
  3. Il delitto deve essere opera di una sola persona. Talvolta si può permettere che l’assassino abbia un complice, ma rovinereste la vostra storia se venisse fuori che i complici sono tre o quattro. L’essenza di un romanzo poliziesco è che l’unico colpevole deve imbrogliare i sette innocenti, non che l’unico innocente venga imbrogliato da sette colpevoli.
  4. Il delitto dev’esser rivelato con onestà e chiarezza. Se un personaggio sparisce e si suppone sia stato ammazzato, dite chiaro al lettore che cosa ne è stato di lui. Se non l’hanno ucciso peccato, ma il lettore ha il diritto di sapere con precisione in che consiste il problema.

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foto di copertina: Edicola della Stazione, Reggio Emilia 2019.

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