Russia anni 2000

Nella classe 3E (IC Leonardo da Vinci, Reggio Emilia) una tra le tracce del tema di italiano sulla letteratura del primo ‘900 era la seguente: “Scrivi un breve racconto utilizzando il punto di vista, l’ambientazione spazio-temporale, la caratterizzazione dei personaggi, le vicende e i significati tipici dei generi: verismo / naturalismo (come Giovanni Verga o Emile Zola) oppure romanzo psicologico (come Italo Svevo o Franz Kafka). Questo è il racconto di Giulia:

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Le ore trascorrevano lentamente e l’unico suono che si poteva udire era quello della pioggia che cadeva abbondante per terra. 

Viktor amava la pioggia, la trovava affascinante, ipnotizzante, gli dava un senso di calma e serenità. Si trovava da circa un mese e mezzo nel carcere russo di Cheboksary, accusato per l’omicidio di Iuri Kozlov, un uomo di mezz’età che per guadagnarsi da vivere faceva il fattorino. 

Dopo la morte della madre e del fratello, due anni prima, Viktor aveva buttato tutto all’aria, aveva lasciato il lavoro, la sua compagna, ed era finito nel tunnel della droga e dell’alcolismo. Per lui la vita non aveva più senso: aveva perso le due persone più care della sua vita e non aveva più ritrovato la volontà di andare avanti. Nonostante l’instabilità del suo stato mentale, di una cosa era certo: non aveva ucciso lui quell’uomo. 

Viktor aveva proclamato la sua innocenza, aveva implorato e provato a far capire alle autorità che lui non c’entrava niente e che molto probabilmente avevano sbagliato persona, ma si sapeva che chiunque si fosse opposto al volere delle autorità, non avrebbe avuto vita facile. 

L’autorità è legge. Nel carcere di Cheboksary infliggevano torture terribili, avvenivano cose da brividi e solo chi c’era passato poteva capire. Viktor era lì da poco tempo, ma aveva già assistito a scene agghiaccianti che gli erano rimaste impresse per interi giorni, portandolo a fare incubi atroci e insostenibili per la sua mente altalenante. 

Aveva attimi di squilibrio: attacchi di panico, capogiri, vista offuscata, palpitazioni, del tutto improvvisi, che poi sparivano, ma che potevano compromettere la sua salute già a rischio.

Il carcere di Cheboksary è tra i più antichi della Russia. Costruita nel XVI secolo per ordine dello zar Ivan il Terribile, la prigione è stata ricostruita più volte (foto da Google maps).

Passavano i mesi e la sua situazione peggiorava sempre di più. Non voleva più toccare cibo, aveva sempre più spesso incubi e la parte della sua mente inconscia aveva sempre controllo di tutto. Iniziò ad avere comportamenti da malato psichiatrico, e un giorno, preso da un attacco d’ira, minacciò un controllore della sua cella, dicendogli che se non lo avesse fatto uscire l’avrebbe ucciso. Lo torturarono fino a fargli sputare sangue, gli dissero cose terribili e sopravvisse per miracolo.

Evidentemente gli avevano fatto un lavaggio del cervello così violento che aveva iniziato addirittura a chiedersi se non fosse stato lui ad uccidere Iuri. L’unica cosa di cui era sicuro quando era arrivato, ora sembrava incerta. Era così traumatizzato che nel sonno diceva: “mi scusi, non succederà più”. Le poche persone che prima credevano in lui ora dicevano: “ma guardate come si è ridotto, si è proprio rovinato…” oppure “da quando ha lasciato il lavoro ha iniziato una vita tossica, ma non credevamo fosse capace di arrivare a così tanto…”. I suoi conoscenti e i suoi pochi amici, dopo la morte della madre e del fratello, avevano già iniziato a preoccuparsi delle abitudini malsane che stava prendendo, avevano pensato di chiedere aiuto a uno psicologo o uno psichiatra, ma lui non voleva neanche lontanamente sentir nominare quelle due parole. Diceva: “sto bene, so badare a me stesso”, ed ora penso avessero avuto la conferma del fatto che non stesse per niente bene. Lo credevano tutti un mostro e nessuno aveva più pietà di lui.

Neanche lui si riconosceva più, non riusciva a distinguere la realtà dall’immaginazione, i sogni che faceva sembravano sempre più reali, e sopratutto non era consapevole delle sue azioni.

Alle autorità non importava niente, per loro doveva solo marcire nella cella. Nessuno veniva a fargli visita, nessuno si preoccupava per lui, nessuno gli rivolgeva la parola, nessuno voleva più stargli vicino.  Stavano tutti meglio senza di lui, dicevano: “e forse è meglio che ora paghi le conseguenze delle sue azioni una volta per tutte, senza scappare”. 

Dovrà mettersi l’anima in pace e rassegnarsi all’idea di restare per il resto della vita chiuso in una cella, che abbia o non abbia ucciso Iuri non importa, neanche lui lo sa, il suo destino è gia segnato.

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GIULIA, 2023

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In copertina: la localizzazione di Cheboksary (capitale della Repubblica di Chuvashia, Federazione Russa) sul fiume Volga (OpenStreetMap.org).

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