Teoria del Libero Arbitrio

Una ex-alunna della nostra scuola, durante il primo lockdown nel 2020, mi inviò queste riflessioni. Mi sembrano interessanti non solo per il tema in sè, ma anche perché l’argomentazione metteva a confronto due “testi” molto diversi tra loro. Da un lato c’era una novella di Giovanni Verga, un classico della letteratura italiana. Dall’altro c’era un fumetto giapponese, cioè un cosiddetto manga, che sembra essere piuttosto famoso. Come Gianni Rodari indicava già nei primi anni Cinquanta del XX secolo, i fumetti si possono considerare (e studiare) a tutti gli effetti come “testi”, non più relegati nel limbo della letteratura minore.

Prof. Marco Cecalupo

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Il libero arbitrio

La realtà è quella che c’è, non quella che uno desidera.

Che cos’è il libero arbitrio?

Per definizione, il libero arbitrio è un concetto filosofico e teologico secondo il quale “ogni persona ha la facoltà di scegliere gli scopi del proprio agire e pensare, tramite la volontà”. Questo significa che ogni essere umano trae la possibilità di scegliere dal proprio volere, non da forze esterne.

Chiaramente, questo si contrappone a concetti secondo i quali la nostra possibilità di scegliere è compromessa da fattori che non dipendono da noi, di diversa natura, sovrannaturale (destino) o naturali (determinismo). Secondo quest’ultimi, la nostra intera vita sarebbe già stata programmata (o segnata, dipende da quale concetto si sceglie di seguire, se il determinismo o uno di carattere più religioso, come il destino).

Per evidenziare le differenze tra queste due scuole di pensiero e trarre delle conclusioni, partirò con l’analizzare degli esempi, più precisamente di personaggi di libri o fumetti, creati dalla fantasia degli scrittori, che però hanno un grande pregio: tramite loro, i loro creatori possono esplorare gli ambiti più reconditi della mente umana e trasmettere al lettore ciò che vogliono.

Guts

Il primo personaggio in questione è Guts, protagonista del manga (fumetto giapponese) “Berserk” (ベルセルクBeruseruku), di Kentaro Miura. Quest’opera è di genere fantasy, ma con molti aspetti fedeli alla realtà. La caratteristica principale del personaggio in questione è quella dell’immenso coraggio e del desiderio di dimostrare che non esiste nessun “fato superiore” e che lui è il solo artefice del proprio destino. La storia è ambientata attorno al XIV secolo, in Europa, in un paese non precisato. Per quanto riguarda il passato del personaggio, egli nasce dal corpo di sua madre morente, viene allevato da una donna che dopo qualche anno muore di peste e subisce un trattamento molto duro da parte del cosiddetto padre adottivo, un mercenario, che lo maltratta diverse volte nel tentativo di prepararlo al mondo della guerra. Potete già immaginare gli infiniti pregiudizi che si scagliano contro il fanciullo, già solo per il fatto di essere nato da una madre morta, soprattutto a quell’epoca. Un giorno Gambino, il padre adottivo, entra ubriaco nella tenda del giovane e tenta di uccidere il suo protetto, accusandolo di essere il portatore di tutte le sue sfortune. Guts deve difendersi e finisce con l’uccidere Gambino. Attorno ai vent’anni, Guts è diventato un fortissimo mercenario, che girovaga solitario finché non si unisce ad un’armata e compie molte avventure. Nonostante sembri che capitino tutte a lui, Guts ha un’enorme forza di volontà, non si sottomette al Fato. Durante un’avventura in particolare, egli si imbatte in una tempesta, denominata Eclisse in cui giunge ad un incontro con “Dio”.

Il “Dio” di Berserk

“Dio” si trova nelle profondità dell’oceano e man mano che Guts lo raggiunge, gli sembra di perdere la propria umanità.

Berserk, capitolo 99. Tratto da: Berserk Manga Online.

Questo “Dio” è rappresentato a forma di cuore ed egli parla a Guts, che come ogni mortale si pone molte domande sui perché dell’universo. Il nostro protagonista, disorientato, chiede dove si trova, al che l’altro dice che si trovano nella coscienza collettiva degli uomini. Egli continua spiegando che ogni uomo è collegato intrinsecamente ad un altro, da un qualcosa che trascende l’individualità. La parte oscura dell’animo di ogni uomo è questo oceano, in cui “Dio” è immerso e soprattutto da cui “Dio” è stato creato, come il suo ego. Allo stesso tempo, però, egli si definisce anche come “Idea del Male”. L’eroe allora chiede se siano stati gli uomini a creare “Dio” (e non “Dio” gli uomini) e se inconsciamente essi vogliano questo. La risposta è affermativa. Guts si meraviglia. “Dio” allora anticipa la sua domanda e gli comunica che essi l’hanno fatto perché vogliono delle risposte. Perché succedono le sciagure, le morti, le malattie? Perché succedono anche alle persone buone? Guts ha sempre avuto un sogno e “Dio” conclude dicendo che ha creato Guts in modo che proprio lui sia il “Sogno” che egli rincorre dal momento in cui è nato, ovvero quello del libero arbitrio. Vorrei poter raccontare la fine delle avventure di Guts, ma purtroppo il manga – dopo 360 capitoli – non è ancora finito (puoi leggere in lingua inglese le puntate finora pubblicate sul sito ufficiale, ndr). Ma di certo sappiamo che egli trova una compagna di vita, ha un sogno, uno scopo da raggiungere e pur partendo da nulla si è creato una vita, non lasciandosi spaventare dal destino.

Considerazioni

Mi ricordo che lessi questo capitolo tutto d’un fiato e quando lo finii, riflettei molto.

Alla fine dell’Eclisse, egli viene marcato con un segno sul suo collo e questo attrarrà molte calamità. Penso che questo simboleggi che chi sceglie di testa propria, chi decide di prendere le redini della sua vita ha sempre molto di più da lottare, perché sente tutto il peso delle sue scelte sulle sue spalle. È lui l’unico fautore del suo destino.

Sono ricorrenti i personaggi che durante la storia, soprattutto raffigurati come preti, uomini semplici o stolti, provano a scoraggiare Guts nei suoi vari intenti di raggiungere il suo sogno. A parte chiaramente il contesto della storia, mi ritrovo d’accordo con l’idea che “Dio” sia stato creato dall’uomo per darsi delle risposte. Penso che questo (del fumetto) sia un mondo caratterizzato da una visione pessimistica della vita; ogni volta che il nostro protagonista ha a che fare con dei paesani, con delle folle o con personaggi terreni, mediocri, ognuno di loro tenta di dissuadere Guts dallo sfidare il proprio destino. Penso che in questo modo si enfatizzi ancora di più l’eccezionalità del giovane guerriero, che si distingue dal resto. Questo però vuol dire anche che per essere in grado di governare la propria vita, non bisogna essere una pecora, cioè non bisogna seguire il gregge, ma farsi coraggio. Guts quel coraggio ce l’ha avuto, a differenza del prossimo personaggio.

Rosso Malpelo

Rosso Malpelo è il protagonista della novella scritta da Giovanni Verga, pubblicata nel 1878. Egli è il figlio di un lavoratore di una cava, Mastro Misciu, soprannominato Mastro Bestia.

Eugenio Interguglielmi (1850-1911), “Sicilia – Carusi all’imbocco di un pozzo della zolfara, 1899”. Da Wikipedia.

Rosso Malpelo cresce inasprito da tutti i pregiudizi che la mentalità popolare gli attribuisce per via del colore dei suoi capelli e neppure sua madre prova affetto per lui. Il padre è l’unico a provare pietà per lui e lo porta a lavorare con sé. Un giorno, il padre muore sul lavoro e Rosso Malpelo si ritrova completamente abbandonato. Col passare del tempo, diventa sempre più aggressivo e finisce con il picchiare anche Ranocchio, un ragazzino che lavora lì e che Malpelo prende sotto la sua ala. Ranocchio si ammala di tubercolosi e muore. La madre si risposa, la sorella va a vivere in un altro quartiere. Una sera, Malpelo si assumerà il compito di esplorare una galleria abbandonata e una volta presi i vestiti del defunto padre, pane e vino, vi entrerà e non vi uscirà più. I lavoratori della cava temono ancora di vederlo spuntare fuori con “i capelli rossi e quegli occhiacci grigi”.

A differenza della storia precedente, Verga narra una vicenda senza elementi magici, verosimile, e che descrive la condizione della classe più povera della Sicilia del XIX secolo.

Considerazioni

Verga narra la storia di un ragazzo che viene spinto fino all’emarginazione a causa dei pregiudizi contro di lui per i capelli rossi. Rosso Malpelo ha sempre e soltanto conosciuto dolore ed egli risponde a questa sensazione infliggendo altra sofferenza, come fa con Ranocchio e l’asino. Credo che lo faccia in parte perché sono gli unici con cui se la può prendere, essendo più deboli, ma in parte anche perché in fondo forse prova compassione per loro e vuole insegnargli com’è fatto il mondo, o almeno quello che conosce lui. Questo povero ragazzo non ha mai capito perché la gente fosse crudele con lui. Per collegarci alla teoria del libero arbitrio, però, dobbiamo considerare anche un altro messaggio che Verga vuole trasmetterci: non importa da quale contesto sociale si provenga, ma se si ha l’abilità per cambiare vita, per “arrivare”, allora si può fare. Malpelo è figlio di un lavoratore in una cava di pietra ed è rimasto tale. Questa è la seconda scuola di pensiero, che dice che la tua vita è già stata segnata prima della tua nascita, a meno che tu non abbia le caratteristiche per cambiarla. Allora io mi chiedo, se Malpelo avesse avuto la stessa forza che ha avuto Guts, pur non avendo niente, pur venendo da un contesto sociale sfavorevole, di almeno provare a migliorare la sua vita, ci avrebbe provato? Ci sarebbe riuscito? Io penso di sì.

SOFIA, 2020.

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In copertina una foto scattata all’interno della scuola Leonardo da Vinci, Reggio Emilia, ottobre 2020.

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