Una cena con i fondatori dell’Italia

Questo lavoro di gruppo ha coinvolto le classi 3D e 3E nel mese di ottobre 2022, in preparazione al viaggio d’istruzione a Torino. La consegna era realizzare un testo che richiamasse il romanzo storico – quello che Alessandro Manzoni chiamava “vero poetico” – ma che avesse anche un tono comico. Si è deciso tutti insieme che la cena si dovesse ambientare in un ristorante della prima capitale d’Italia nel 1859, con i protagonisti di quella stagione storica. Quando ho chiesto agli alunni in quale materia dovesse essere valutato, hanno risposto: Italiano, Storia, Educazione Civica.

In questo primo racconto, il punto di vista passa rapidamente da un personaggio all’altro:

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Nel lontano 1859, i fondatori d’Italia si riunirono al ristorante “del Cambio”, una vecchia osteria a Torino risalente al 1757, per decidere cosa fare dell’Italia o, meglio, come unificarla.

Giuseppe Mazzini [1860].

[Mazzini]

Vidi Cavour davanti alla porta di un ristorante, mi avvicinai sistemandomi il cravattino marrone scuro, lo guardai alzando la bombetta che poggiava sulla mia testa. Cavour aveva un’aria sicura nella sua redingote scura. Ricambiò il saluto sollevando il cappello con un leggero sorriso sul viso. Dischiuse la porta lasciandomi entrare per primo. La prima cosa che notai fu il grande lampadario di vetro che, accompagnato dalle pareti bianche, rendeva la stanza luminosa e molto elegante. Abbassai lo sguardo sui tavoli e vidi i restanti invitati: D’Azeglio, Garibaldi, il responsabile dei Savoia e un funzionario di Napoleone III. 

Vittorio Emanuele II Savoia [Litografia Ballagny, fine XIX sec.].

[Responsabile Savoia]

Mazzini si avvicinò al tavolo e si sedette porgendo i suoi saluti a tutti i presenti al tavolo. Dopo un istante di silenzio Garibaldi scattò rapidamente in piedi, la sedia andò con la stessa velocità all’indietro colpendo un cameriere, che fece cadere un vassoio dove erano appoggiati dei grissini che stava portando al nostro tavolo. Garibaldi si scusò più volte mentre io pensavo a quanto mi facesse ribrezzo quell’uomo, e pensare che sarebbe potuto divenire capo dell’Italia, molto meglio una monarchia gestita dai Savoia! Quando il cameriere tornò in cucina, Garibaldi riprese il discorso e con voce grave sbraitò:

– Noi vogliamo un’Italia unita! – Iniziò così a gesticolare con sempre maggiore agitazione e trasporto quando colpì nuovamente il cameriere che stava tornando con altri grissini. Poi continuò:

– Io vorrei per l’Italia un Parlamento, così che il popolo possa avere voce in capitolo. – Nel mentre, un altro cameriere portò il menù.

Massimo d’Azeglio [Foto di Andre Adolf Eugene Disderi, 1859-1861].

[D’Azeglio]

– Mi dispiace interrompere questo solenne discorso, ma comincio ad avere un discreto appetito, voi cosa volete ordinare?

– Sicuramente non altri grissini! – esclamò Garibaldi ridendo.

Il funzionario della famiglia Savoia disse:

– Io gradirei polenta e tartufo.

– Anche io! – risposero in coro Mazzini, Cavour e Garibaldi.

– Io invece prendo la Bagna Cauda – ribattei. 

Al tavolo si parlò delle recenti imprese fino all’arrivo dei piatti. La conversazione in particolare si concentrò sulla recente guerra d’indipendenza, la seconda, condotta da Garibaldi e Napoleone III, finita a luglio con la liberazione della Lombardia dalle forze austriache. Consumato il nostro pasto, Garibaldi fece conversazione con Mazzini per parlare delle loro idee comuni.

– Penso che nulla sia più importante della libertà del popolo, infatti, sto lavorando per avere un’Italia unita, indipendente e dove i politici rappresentino il popolo italiano e lavorino per il bene della comunità – dichiarò Mazzini.

– Concordo su tutto, Giuseppe! Penso anche io che…

Mi voltai verso il lato opposto del tavolo, sorpreso di sentire il rappresentante dei Savoia, che sosteneva che la monarchia, quindi una forma di governo dove il popolo non ha alcun potere, fosse meglio della libertà di una Repubblica parlamentare.

Giuseppe Garibaldi [Stampa fotografica su una “carta da visita”, Napoli 1861].

[Garibaldi]

– Garibaldi, lei non la pensa così, vero? – Mi girai, era stato il funzionario di Napoleone a parlare.

– Esattamente, non sono d’accordo nemmeno con le idee politiche tue e del tuo capo. Infatti, è da sciocchi pensare che sia meglio un’Italia divisa in quattro che un’Italia unita… Tuttavia, citando il nostro caro Massimo, “gli italiani non si sono ancora evoluti mentalmente e continuano a esserci movimenti contrari all’unione, non basta creare un unico territorio italiano, serve anche che gli italiani divengano un unico popolo”.

Camillo Benso, Conte di Cavour [Dipinto di Michele Gordigiani. Torino, Museo Nazionale Del Risorgimento]

[Cavour] 

Ascoltando la conversazione sbottai e, rivolgendomi al funzionario di Napoleone, incalzai:

– Il tuo capo mi ha tradito firmando senza il mio consenso l’Armistizio di Villafranca! Che senso ha parlare dell’unità d’Italia lasciando il Veneto all’Austria e Toscana e Emilia Romagna ai legittimi sovrani? Io ho sempre detto che avevo come obiettivo di allontanare gli austriaci dall’Italia, e lui cosa fa? Lascia il Veneto all’Austria!

Vidi Garibaldi fare un cenno al cameriere, con il quale aveva instaurato un certo rapporto durante la serata, che uomo bizzarro!

– Scusi, le vorrei chiedere il conto.

– Non ce n’è bisogno, offre la casa.

– Insisto, dopo tutti i giri che le ho fatto fare per portarci i grissini è il minimo!

– Sono irremovibile, per degli ospiti di tale importanza è tutto gratuito.

– La ringrazio.

Arrivammo all’uscio, prendemmo i cappotti e uscimmo. Rimanemmo in silenzio a guardarci per un po’, fino a quando Garibaldi ruppe il silenzio, come ci saremmo aspettati da lui:

– Arrivederci signori, grazie della compagnia, è stata una serata davvero piacevole. Spero di vedervi a breve per festeggiare l’Unità d’Italia, e state certi che ci rivedremo prima di quanto voi pensiate.

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SERENA, KARIM, IBRAHIM E BILLIE, 2022

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