Il purgatorio

Nella classe 3E (IC Leonardo da Vinci, Reggio Emilia) una tra le tracce del tema di italiano sulla letteratura del primo ‘900 era la seguente: “Scrivi un breve racconto utilizzando il punto di vista, l’ambientazione spazio-temporale, la caratterizzazione dei personaggi, le vicende e i significati tipici dei generi: verismo / naturalismo (come Giovanni Verga o Emile Zola) oppure romanzo psicologico (come Italo Svevo o Franz Kafka). Dopo quelli di Sara e di Giulia, ecco il racconto di Alice:

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Era domenica. Pioveva, come a tutti i funerali. Avevo un lungo abito nero con delle maniche con un po’ di frappe e delle scarpe, anch’esse nere, che tempo fa appartenevano a mia nonna. I miei capelli erano biondi e lunghi, raccolti in una lunga coda. Mia sorella invece aveva i capelli neri e sciolti, se qualcuno ci avesse guardato senza conoscerci, non avrebbe detto mai che siamo sorelle.

Mia sorella, più brutta di me e delle sue coetanee, aveva l’animo buono e l’aspetto di mio padre. Ah, dimenticavo, mio padre ci aveva lasciati, sette giorni prima del mio matrimonio con il conte più ricco dell’esile città dove vivevo.

Non sono mai stata gentile o cortese e non mi sono mai innamorata, anche se tutti almeno una volta si sono innamorati di me, al contrario di mia sorella. La sera dopo il funerale, mia madre corse in camera a piangere e io, dopo aver messo a letto mia sorella, mi addormentai sul divano.

La mattina mi svegliai grazie alle urla di mia madre: “Cleo, Cleo!” Mia sorella scese le scale: “Che c’è?!”. “Lea è scomparsa!! Proprio sette giorni dal suo matrimonio!!” Cercai di richiamare la sua attenzione ma non mi ascoltava. Corsi in bagno rischiando di inciampare nel mio vestito nero. Mi guardai allo specchio ma non vedevo la mia sagoma, solo un vestito nero. Non capivo cosa mi stesse succedendo, era forse una punizione per dover sposare un uomo solo per i soldi? Purtroppo, se non fossi tornata entro sette giorni, il mio matrimonio sarebbe andato in fumo e così tutte le speranze di vita della mia famiglia. Se non fosse stato per quello, sarei restata invisibile, per scappare da tutti i problemi che mi aspettavano. Non volevo sposare quell’uomo stupido quanto egocentrico, ma quell’uomo era l’unica motivazione per cui mia madre non mi aveva lasciato in mezzo alla strada.

Bussarono alla porta, era il mio futuro marito. Mia madre gli si buttò addosso piangendo: “L-L-Lea è scomparsa!!” Doveva proprio amarmi per sopportarla. Lui rispose in modo tranquillo, ma si vedeva che stava morendo dentro. Mi venne la malsana idea di farmi notare da mia mamma, quindi presi un rossetto e scrissi sulle mattonelle della cucina: “MAMMA SONO QUI!” Mia mamma entrò in cucina e si mise a urlare e poi cadde nelle braccia di mio marito.

Non ho mai brillato per intelligenza e questa ne è la prova. Per i seguenti tre giorni non feci niente, non volevo uccidere mia madre. Li presi come giorni di vacanza.

Un giorno, stavo provando da sola il mio vestito da sposa quando entrò mia madre. Ero stata ingenua, perché avrei perfettamente potuto chiudere a chiave, però avevo anche pensato che sarebbe stato sospetto che la porta della camera della figlia scomparsa si fosse chiusa da sola. Però mi stupivo anche del fatto che non si fosse accorta che dal suo frigo scompariva del cibo, quando lei non c’era. Questi erano i miei ragionamenti mentre guardavo la faccia pietrificata di mia madre, che era venuta a togliere la polvere che ricopriva la stanza. Si mise a urlare e iniziò a picchiarmi col moschettone sbraitando: “ESCI DA CASA MIA!”

Presa dalla disperazione, mi nascosi sotto il letto. Non riuscivo a immaginare i lividi che mi avrebbe provocato. Quella notte dormii sotto il letto. Ogni notte sentivo mia sorella Chloe piangere e pregare il mio ritorno. Non capivo come una persona così odiata anche dalla sua stessa famiglia venisse rimpianta così tanto. Forse per il semplice fatto che stavo per sposare un uomo ricco e tutti hanno bisogno di soldi. Soprattutto mia madre, una ex alcolizzata che è andata in comunità, dove ha conosciuto l’uomo della sua vita, con cui ha avuto due figlie. Una donna che ha deciso di vivere una vita povera ma felice e non ha deciso lo stesso destino per la sua figlia maggiore.

Ormai ero costretta a mangiare poco e di notte. Ero dimagrita ma forse era meglio, così sarei apparsa più bella agli occhi di mio marito. Era il mio unico pensiero, il matrimonio che sarebbe avvenuto dopo due giorni. Avevo paura che non sarei tornata normale in tempo e che avrei dovuto vedere la mia famiglia morire. Il conte non le avrebbe mai aiutate, neanche lui brillava per gentilezza. Per lui, se volevi qualcosa dovevi dare qualcosa. Anche io avrei fatto così, forse siamo più simili di quanto io pensassi. Ero felice perché sarei diventata una di quelle ragazze rispettate che hanno tutto, ma allo stesso tempo sapevo di dovermi sentire un oggetto.

I due giorni passarono. La sera prima del mio matrimonio avevo perso le speranze, avevo paura di dover vivere così e di morire dimenticata in questa nostra lurida casa. Mi addormentai sul divano come sette sere prima, con lo stesso abito e con la stessa tristezza.

Al mattino mi svegliai. Non ero sul divano, ma su una sedia, con tre ragazze che mi sistemavano i capelli. Mamma entrò con un sorriso stampato in faccia: “Amore, è tutto pronto, so che sei stata male tutta la settimana, ma vedrai che sarà il giorno più bello della tua vita.” Annuii. Non volevo aggiungere altro. Non capivo come si fosse dimenticata tutto, forse era tutto un sogno, forse ero solo stata in coma per sette giorni? Non volevo fare domande, mia mamma aveva ragione. Era il giorno più bello della mia vita, dovevo solo dimenticare tutto.

Non avevo ascoltato una parola del prete, l’unica cosa che capii era: “Ora puoi baciare la sposa.” Uscimmo fuori e ci lanciarono il riso. Mi dimenticai tutto, ero troppo felice. Eravamo così felici quando attraversammo la strada. In quel momento mi scese un brivido e mi bloccai. Una macchina non mi vide e… il mio vestito bianco candido si macchiò di rosso…

Era domenica. Pioveva, come a tutti i funerali… Ero in una bara, con un lungo vestito nero con le maniche con un po’ di frappe… le scarpe nere e i capelli biondi lunghi e raccolti.

Pioveva, anche al funerale di mia madre e di mia sorella. Forse era un destino di famiglia. Forse quei sette giorni erano un purgatorio, per vedere se mi fossi pentita di tutti i miei peccati.

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ALICE, 2023

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In copertina e nell’articolo: disegni di alunne e alunni dell’IC Leonardo da Vinci, Reggio Emilia 2022.

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