Quella volta che… #1

Tutte le antologie di italiano hanno un modulo dedicato alle “scritture personali”, nel quale si studiano lettere, diari, autobiografie. Noi, in 2D e in 2E (IC Leonardo da Vinci di Reggio Emilia), abbiamo aggiunto anche gli account sui social media, perché sono una sorta di autobiografia just in time, che si scrive giorno per giorno.

Ma cosa deve accadere affinché un diario, scrittura personale per eccellenza, finisca per diventare un libro che può leggere chiunque? Ogni caso va considerato a sé, può succedere che siano gli eredi di quel diario a prendere questa decisione, com’è accaduto per esempio ad Anne Frank, oppure che la persona che ha scritto il diario o una lettera scelga di renderle pubbliche. In ogni forma di comunicazione l’emittente (o i suoi eredi) ha la possibilità di modificare il contenuto del messaggio (o di censurarne delle parti) a seconda di coloro che sceglie come riceventi di quel messaggio (insomma, nessuno farebbe leggere il proprio diario personale così com’è). Inoltre, ogni forma di comunicazione personale verso altre persone prevede la possibilità di un feedback, cioè una reazione (che può essere un semplice like, un commento, o una lettera di risposta) che l’emittente deve saper interpretare.

In questa categoria, poi spesso sono anche comprese scritture pseudo personali, come può essere un romanzo di finzione (cioè con personaggi e storie inventate) scritto “sotto forma” di diario o di scambio epistolare, e ce ne sono di celebri in ogni genere letterario.

Come fare pratica di tutto ciò a scuola? Certo, leggendo tanto. Ma abbiamo anche sperimentato diverse strade. Alessandra e Melissa della Biblioteca Ospizio di Reggio Emilia, sono venute in classe a novembre 2021 a chiederci di scrivere una lettera a noi stessi del futuro, come si fa nelle “capsule del tempo”. Poi, cinque mesi dopo, sono tornate a scuola e hanno fatto trovare sul banco di ciascuno la propria lettera. Pensate un po’, abbiamo ricevuto una lettera dal nostro passato! E abbiamo risposto, a volte indirizzando le nostre parole a un altro noi, quello del futuro. Però nessuno ha scelto di rendere pubbliche queste lettere, pertanto non le troverete mai qui nel blog, è stato un modo per farci riflettere sulla consapevolezza di sé, sui cambiamenti, sulle nostre ansie e paure, sui traguardi raggiunti e su quelli in cui abbiamo in qualche modo “fallito”.

Sì, perché anche i fallimenti e le delusioni fanno parte della nostra vita. E anch’essi devono far parte della nostra autobiografia, se si vuole essere onesti prima di tutto con noi stessi e poi con eventuali lettori. E non devono interessarci solo i feedback alle nostre imprese “eroiche” o ai nostri selfie sorridenti (a volte modificati con app apposite…) ma anche i suggerimenti e i commenti laddove abbiamo sbagliato, è proprio in quei casi che possono insegnarci qualcosa su noi stessi e sul mondo che ci circonda.

E allora abbiamo sperimentato in classe anche una strada suggeritaci da un laboratorio di scrittura trovato sul nostro manuale. La consegna era: racconta un evento o un luogo che ricordi. Tantissimi hanno scelto un tono tragicomico (così lo abbiamo definito in classe) e hanno scelto di condividerlo, prima con un gruppo di compagni di classe, che hanno fornito il proprio utilissimo feedback, poi con voi, i nostri amati lettori del blog.

Ecco dunque i racconti di quella volta che…

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La vipera dal collare

Ciao, quest’oggi racconterò una storia successami alle elementari. Noi eravamo nel giardino della scuola, nella pausa dopo il pranzo e io stavo scavando con una pala di plastica tarocca, viola, perché volevo prendere dei vermi. A un certo punto vidi qualcosa strisciare, la presi prima che squisciasse via e con tutta la mia potenza la estrassi dal terreno. Dopo un po’ realizzai che non era un verme troppo cresciuto, bensì una vipera dal collare. Era lunga circa trenta centimetri, marrone con macchie nere e sotto il collo aveva una chiazza gialla. Quindi le diedi un bacino, vi giuro che non mi morse ma ci mancava davvero poco prima che lo facesse. Comunque, visto che ero una bimba strana, mi affezionai a quella vipera e alla fine della pausa dopo il pranzo la misi in tasca e la portai in classe.

Arrivati in classe, la rinchiusi nell’astuccio di Frozen, con un piccolo buchetto per farla respirare. Per quel giorno dovevamo scrivere un testo sulle nostre vacanze e la maestra passava per ogni banco correggendo i testi. Quindi è arrivata da me, ha trovato dodicimila errori dicendomi: “Dove tieni la gomma? Ti cancello le parole sbagliate che le riscrivi”. E io le dissi: “Nell’astuccio”, ricordandomi dove fosse la vipera in quel preciso istante. Così, quando la maestra aprì l’astuccio, urlò così forte che la sentirono pure in Australia, facendo così strisciare fuori la vipera dalla finestra che dava sul giardino della scuola. E io dissi: “Bravo serpente, vai dove ti porta il vento!”.

Non so perché non presi una nota, ma da quel giorno la maestra per correggere i compiti usava il suo astuccio facendosi portare il quaderno o il libro alla cattedra, chissà perché. Pertanto la storia finisce qui.

MAYA, 2022

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French Toast

Sono Raien e oggi vi voglio raccontare di quella volta che provai a cucinare un piatto. Guardandomi, non sembra che io sappia cucinare, ma mangiare. Erano le lontane – ma non troppo – vacanze di Pasqua. Vidi questo piatto su Internet e, pensando che fosse semplicissimo, io determinato mi dissi: lo faccio. La prima volta usai una pentola che non era anti-aderente e l’uovo si attaccò ad essa. La ricetta consisteva nella preparazione di un French Toast: un pane con l’uovo. Ma a differenza delle altre ricette si creava un buco al centro della fetta di pane, e si appoggiava sulla padella mentre aggiungevi l’uovo nel mezzo.

Come dicevo, la prima volta feci un’emerita sboccata. Il pane era troppo sottile, quindi l’uovo trabordò e sbagliai tutto: la pentola era sporca d’uovo bruciato e ci sarebbe voluto molto tempo per toglierlo, e il risultato non sarebbe mai venuto. Ma io, come mi insegnano i film hollywoodiani, non mollai e feci la cosa giusta: chiesi a una persona competente, mia madre. Mi aiutò nell’impresa e ci riuscì, ed era anche buono!

La morale è che, se non riesci, non mollare e se stai mollando non scordare che c’è sempre qualcuno che ti può aiutare.

RAIEN, 2022

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Il negozio dei trucchi

Giovedì io e Giulia siamo andate in centro a fare un giro, e ci siamo fermate in un negozio di trucchi perché io dovevo prendere un correttore, che ho preso del colore sbagliato ossia verde per coprire i rossori, vabbè… e a parte questo un lucidalabbra bellissimo che avevo visto qualche giorno prima ma che non avevo comprato. Entro in negozio e già sapevo che mi avrebbero truffato con le loro ottocentomila offerte senza un senso logico. E fu proprio così.

Infatti, quando vado alla cassa per pagare i due prodotti, la commessa mi dice: “Carissima, se acquisti altri due prodotti labbra, il terzo è gratis”. Io, che non avevo seguito bene il discorso, capisco che se avessi preso un altro prodotto, quest’ultimo sarebbe stato gratis. Tutta contenta mi dirigo verso i lucidalabbra e ne prendo un altro, quindi altri otto euro. La commessa mi dice: “Ok, cara, ti manca un prodotto”. Io non capisco, ma soffro in silenzio e ne vado a prendere un altro un po’ titubante.

In questo modo pago otto euro in più senza volere e appena esco mi sfogo in modo molto delicato con la mia povera amica Giulia.

EMMA, 2022

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L’incidente stradale

Io, Ashar, il 12 febbraio del 2020 ho avuto un incidente stradale presso viale Montegrappa. Andavo alle elementari. Un giorno mio fratello aveva uno spettacolo a scuola quindi, da furbo come sono, ho iniziato a chiedere a mio padre se potessi vederlo pure io. Mio padre accettò e quindi ci dirigemmo verso il seminterrato della scuola.

Dopo un po’ cominciai ad annoiarmi, così mio padre disse di tornare a casa e che presto sarebbe tornato a casa anche lui con mio fratello. Prendo la mia bici ed esco dal cancello della sucola: mi fermo per guardare la strada e vedo due macchine in lontananza; la prima la faccio passare, ma la seconda macchina stava viaggiando alla velocità della luce. Io decisi di attraversare lo stesso, pensando che si sarebbe fermata, invece non fu così. La macchina colpì la ruota posteriore della mia bici e mi fece fare un salto con cui sarei potuto diventare campione di salto in lungo. Caddi a terra di faccia e l’uomo alla guida uscì ma dopo un secondo, vedendo qualcuno arrivare verso di me, si mise in macchina e scappò. Aveva un colorito scuro, marroncino, indossava una giacca di pelle accompagnata da jeans blu e scarpe nere.

In quel momento ero preoccupato, avevo chiuso gli occhi, ma capì che avevo un’altra speranza. Intanto una coppia si chinò, mi prese la mano e mi sollevò. Io decisi di andare di nuovo nel seminterrato e per quello dovevo fare praticamente il giro della scuola e non avevo forze, ma dopo tanta fatica, con uno zaino di due chili sulle spalle, ce la feci. Le maestre, con mio padre, dovettero interrompere lo spettacolo e mi soccorsero chiamando il 118. Vedendo che avevo un bernoccolo gigante, sanguinante, pieno di puntini neri, decisero di portarmi temporaneamente del ghiaccio per tamponarlo, e intanto arrivò anche mia madre. Sulla fronte sentivo un bruciore da incubo e avevo la sensazione di non averla più, la fronte.

Arrivarono i soccrosi e andammo all’ospedale. Ci sono stato più di cinque ore, scoprendo che l’osso del mio naso si era spezzato. Ma me la sono cavata.

ASHAR, 2022

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In copertina e nell’articolo: le foto degli incontri a scuola con Alessandra e Melissa della Biblioteca Ospizio (27 e 28 aprile 2022).

Se vuoi leggere altri racconti, leggi la seconda parte di questo articolo.

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