Abbiamo toccato le stelle: Sport For Social Impact

Tra i mesi di gennaio e febbraio 2023 tutte le classi della scuola Leonardo da Vinci (Reggio Emilia) hanno partecipato a S4SI (Sport For Social Impact), un progetto sulla discriminazione che consiste nel far capire meglio ai ragazzi la discriminazione, però con un metodo diverso: attraverso lo sport.

Le persone che hanno condotto questo progetto assieme ai nostri docenti di Educazione Motoria (Marina Iori e Mattia Ferri) si chiamano: Fabio, Simone, Ilaria, Rodny e Emanuele. Hanno assegnato un personaggio dello sport ad ogni gruppo e ci hanno aiutato nello svolgimento del progetto. In gruppo dovevamo compilare una scheda che raccontava in breve la sua vita e i suoi successi rivoluzionari” in campo sportivo. Tutte le storie che abbiamo ricostruito sono tratte dal libro di Riccardo Gazzaniga, Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli, 2018), di cui gli educatori hanno regalato una copia a ciascuna classe, e ora il libro è presente anche nel bookcrossing.

Il progetto ci è piaciuto molto, anche perché abbiamo lavorato in gruppo creando anche nuove amicizie.

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Educazione Motoria ai Chiostri di San Pietro (Reggio Emilia, ottobre 2020).

Dick Fosbury

Nasce il 6 maggio 1947, in Oregon, Stati Uniti. E’ molto imbranato nei diversi sport, quindi decide di provare uno sport più facile, secondo lui: il salto in alto. Richard non è molto abile e quindi decide di usare la tecnica chiamata “flop”, una mossa che viene eseguita subito dopo aver staccato il piede da terra: si vola in torsione all’indietro con l’ascella dal lato della pancia, ma girato di schiena. Questa tecnica viene vista male dagli spettatori ma anche dal suo coach, per questo viene preso in giro, finché la tecnica non gli riesce più. Nonostante questo, alle Olimpiadi del 1968 salta con il nuovo stile e batte la concorrenza facendo un salto di 2,24 metri. Dopo quella vittoria, la tecnica non si chiamerà più “flop” ma “stile fosbury”. Questa tecnica è molto usata dai saltatori, che la faranno meglio di lui, infatti nel 1993 Sotomayor userà lo stile fosbury saltando 2,45 metri (attuale record mondiale).

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Tommy Smith, Peter Norman e John Carlos

Peter Norman, Tommy Smith e John Carlos erano tre atleti che gareggiarono nei 200 metri piani alle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico. Dopo la gara, negli spogliatoi, John Carlos e Tommy Smith, che sono due afroamericani, stavano preparando il famoso gesto ricco di significati che avrebbero fatto durante la premiazione, sul podio. Peter Norman, che invece era un australiano bianco, li sentì e dopo aver parlato un po’ con loro li convinse a fargli indossare una spilla bianca dei Diritti Umani nello Sport. Poco dopo, Tommy Smith e John Carlos sul podio abbassarono la testa e alzarono il pugno coperto da un guanto nero come simbolo della lotta per i diritti dei neri, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto Olimpico per i Diritti Umani) di cui facevano parte. Peter Norman non fece niente di tutto ciò, ma dovette affrontare lo stesso l’ira del suo paese per aver mostrato solidarietà nei confronti dei neri, indossando la spilla. Il suo gesto venne riconosciuto dal Parlamento australiano solo nel 2012, sei anni dopo la sua morte. Anche il gesto dei due americani venne riconosciuto diversi anni dopo, anzi, divenne un famoso gesto e un simbolo della lotta per l’uguaglianza dei diritti.

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Kathrine Switzer

Kathrine fu la prima donna a partecipare alla maratona di Boston (Stati Uniti), nonostante non potesse. Grazie all’aiuto di Arnie Briggs, un postino dell’Università che correva maratone e che l’allenava, si preparò per il giorno della gara. Era il 19 aprile 1967 e Kathrine si presentò con il rossetto rosso sulle labbra e la pettorina con il numero 261. Non aveva paura che riconoscessero che fosse donna. Durante la gara, un giudice la fermò e le disse in malo modo di andarsene ma, grazie all’aiuto di Arnie, che cercò di farlo ragionare, lei riuscì a proseguire. Kathrine non vincerà la gara, ma la faranno vincere ad Arnie per ringraziarlo della sua azione.

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Tutti in Bici (Foscato, Reggio Emilia, ottobre 2021).

Mikael Lindnord

Questa storia ci insegna che le discriminazioni non esistono solo da persona a persona, da umano a umano, ma anche da…

A Lindnord (un ragazzo svedese) piacevano le cose complicate, quelle dolorose, infatti dopo qualche anno da militare capì che la sua strada era l’adventure racing, uno sport di competizione a squadre dove esse si sfidano in gare al limite dell’uomo. In una di queste gare, nel novembre del 2014 in Ecuador, Mikael vede, in uno dei pochi momenti di pausa, un cane randagio ferito e malato. Dentro di sé spera con tutto il cuore che quel brutto cane non si avvicini ma ciò non succede. Con la speranza che quel cane si allontani, gli porge la sua porzione di poco cibo. Finita la pausa, la gara ricomincia e lui si dimentica di quel cane, fino a quando la squadra di Mikael si accorge che proprio quel cane malandato li sta seguendo. Mikael si ricrede e capisce con la squadra che il cane fa parte del team e può seguirli, affrontando con loro le sfide. E gli danno il nome di Arthur.

Dopo molte sfide superate, arrivarono a una delle sfide più difficili: il kayak nel fiume mentre pioveva. La giuria consigliò alla squadra di lasciare perdere quel cane e continuare senza di lui. Allora presero il kayak e partirono senza il loro quasi compagno, ma quando uno della squadra si girò vide Arthur malato seguirli a nuoto in quel fiume freddo. Presero una decisione e capirono che valeva la pena sacrificare il primo posto per un compagno di squadra, e non gli importava se quel cane li rallentava o no, faceva parte della squadra.

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Educazione Motoria ai Chiostri di San Pietro durante la pandemia (Reggio Emilia, ottobre 2020).

Jesse Owens e Luz Long

Alle Olimpiadi di Berlino del 1936, l’afroamericano Jesse Owens partecipò alle gare dei 100m, 200m, salto in lungo e staffetta 4x100m degli Stati Uniti, e arrivò sempre primo, vincendo quattro medaglie d’oro. Durante i salti di qualificazione alla finale del salto in lungo, per via della tensione Jesse fece i primi due salti nulli. Il suo avversario più forte, il tedesco Luz Long, di “razza ariana”, gli si avvicinò e gli suggerì di saltare poco prima della linea di stacco. Owens saltò e si qualificò, vincendo poi la finale.

Successivamente, Owens e Long continueranno a sentirsi tramite lettera, anche se Long qualche anno dopo, forse proprio per aver aiutato il nero Owens, venne mandato in guerra con l’esercito nazista in Italia, e morì per le ferite riportate.

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Classi della Leonardo da Vinci si allenano al campo del Valorugby (Reggio Emilia, novembre 2021).

Caster Semenya

Questa storia non è contenuta nel libro, ma è stata proposta agli educatori dalla classe 3E.

Caster è una donna del Sudafrica, una delle più forti mezzofondiste (400m, 800m, 1500m) in tutto il mondo, vincitrice tra l’altro di due medaglie d’oro alle Olimpiadi e tre medaglie d’oro ai Campionati del Mondo di Atletica tra il 2009 e il 2017.

Durante la sua travagliata carriera agonistica, all’atleta è stato imposto dalla Federazione Internazionale di Atletica Leggera (IAAF) un test per determinarne il sesso biologico. Caster è risultata essere una donna, ma con un alto tasso di ormoni maschili (testosterone), per cui la Federazione voleva imperdirle di partecipare alle gare femminili. Ma Caster è e si sente donna, come può fare? Successivamente, la IAAF ha stabilito che le donne che si trovano in questa condizione devono obbligatoriamente sottoporsi a un trattamento con farmaci per abbassare il livello ormonale sotto una determinata soglia.

Caster e la Federazione sudafricana si sono duramente opposte a questa decisione, ma finora senza successo. Nel 2021, in una intervista al giornale inglese The Guardian, ha dichiarato: “Mi stanno togliendo l’anima dal corpo, vogliono che disattivi il mio sistema corporeo. Non sono malata. Non ho bisogno di droghe. Non lo farò mai. […] I giocatori di basket come LeBron James sono più alti del normale. Se a tutti i giocatori alti viene vietato di giocare, il basket sarà lo stesso? I miei organi possono essere diversi e posso avere una voce profonda, ma sono una donna”.

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Lo sport non è solo competizione, ma anche una questione di amicizia, sostegno, collaborazione e può cambiare grazie anche a piccole azioni. Essere avversari sul campo di gioco non vuol dire essere nemici nella vita reale. Fin da piccoli bisognerebbe crescere con quest’idea, perché molti ragazzi e ragazze lo sport non lo praticano per sé ma per gli altri. Nello sport, maschi e femmine dopo una certa età sono separati, ma non per discriminazione, ma perché non giocherebbero ad armi pari. In Italia oggi non ci sono più tante discriminazioni come una volta, ma ci sono molti Stati messi peggio di noi.

Nel libro ci sono racconti da tutto il mondo, leggendolo puoi fare un viaggio nella storia e intorno al mondo. Inoltre, ogni storia raccontata può essere uitle per l’esame di terza media, perché è collegabile a tutte le materie e può essere il punto di partenza per altre ricerche.

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Articolo a cura di: RAIEN, SARA “VAN DER BREGGEN”, MARGI, SARA, GIULIA, SAMUELE, STEFANO (della 3E), CAMILLA, KARIM (della 3D).

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In copertina e nell’articolo: esperienze di Educazione Motoria della scuola Leonardo da Vinci (Reggio Emilia, 2020/2023).

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