L’Italia, un conto ancora aperto

Questo lavoro di gruppo ha coinvolto le classi 3D e 3E nel mese di ottobre 2022, in preparazione al viaggio d’istruzione a Torino. La consegna era realizzare un testo che richiamasse il romanzo storico – quello che Alessandro Manzoni chiamava “vero poetico” – ma che avesse anche un tono comico. Si è deciso tutti insieme che la cena si dovesse ambientare in un ristorante della prima capitale d’Italia nel 1859, con i protagonisti di quella stagione storica. Quando ho chiesto agli alunni in quale materia dovesse essere valutato, hanno risposto: Italiano, Storia, Educazione Civica.

Nel racconto che segue, il punto di vista è quello di Massimo d’Azeglio:

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Ero in piazza, davanti al palazzo della nuova ferrovia di Torino, a Porta Susa, in attesa del treno in arrivo da Milano. Sul quel treno viaggiava il mio amico Giuseppe Mazzini. Il treno era in ritardo, quando arrivò io e Giuseppe ci salutammo, andammo subito verso il Ristorante Del Cambio prendendo via Cernaia, poi girammo in via Santa Teresa, per poi svoltare in via Accademia delle Scienze. Al ristorante, il consigliere dei Savoia, Garibaldi, Camillo Benso detto Cavour e il francese, Napoleone III, ci stavano già aspettando per l’antipasto.

La nuova stazione di Porta Susa, entrata in funzione nel 2008 in sostituzione della stazione del 1856 (foto ottobre 2022).

“Oh, però, bella quella ferrovia”, disse Giuseppe. 

Io gli risposi: “E’ nuova, l’hanno finita tre anni fa”.

“Guarda chi si rivede!”, disse Garibaldi a Giuseppe. 

“Buonasera!”, disse Giuseppe.

“Piacere, mi chiamo Massimo d’Azeglio”, mi presentai. 

“Piacere!”, mi risposero in coro. 

Mi sistemai il gilet prima di accomodarmi. Mentre mi sedevo, osservai il salone: appeso al soffitto si trovava un lampadario in cristallo e vetro che produceva una luce soffusa e, al centro del salone, c’era un tavolino da buffet con tanto di bouquet di lavanda, mista a peonie e viole. Il cameriere ci portò l’antipasto, a base di formaggi, salumi, pomodorini e olive. 

“Allora, che ne facciamo di questa Italia?”, Giuseppe ruppe il ghiaccio.

“Io sono… il più famoso di tutti voi, dovrei scegliere io”, disse Garibaldi.

“No, non funziona così”, risposi. “Ci vuole una guerra contro quegli arroganti degli austriaci”, esortai.

“Taci, che sei solo un’artista. Lascia parlare chi è più intelligente”, mi accusò Cavour.

Mi misi a mangiare un’oliva, sputando senza esser visto il nocciolo nel piatto di Cavour. Arrivò il cameriere con il primo, interrompendo la discussione iniziata.

Quando il cameriere finalmente ci lasciò in pace, Giuseppe ricominciò: “Secondo me, c’è bisogno di una rivoluzione, una Repubblica, dove tutti sono uguali. Siamo nel 1859, non più nel 1400 con la monarchia. Abbiamo l’occasione di diventare un paese all’avanguardia”, e continuò: “Sono quasi d’accordo con Mazzini”.

Un silenzio di tre o quattro minuti scese nella sala, perché iniziammo a mangiare la bagna cauda.

“Oh, però adesso con l’armistizio andiamo a mangiare anche nella Lombardia, eh, bella idea, vero? Che ne dite?”, disse il francese. Tutti lo guardammo male, soprattutto Camillo, e lui un po’ imbarazzato ricominciò a mangiare la sua bagna cauda.

“Per me va bene, visto che Vittorio Emanuele II ha firmato”, aggiunse il consigliere dei Savoia.

Cavour, molto arrabbiato, accusò Napoleone: “Sei un francese, non puoi intrometterti in questioni ita…”

“Allora, com’era la bagna cauda?”, interruppi Cavour, evitando una rissa nel ristorante.

“Un po’ salata”, spiegò il francese, offendendo tutti.

Dopo aver cacciato Napoleone III, il francese, arrivò come secondo una tagliata di manzo con le verdure. Garibaldi battè la forchetta sul bicchiere per ordinare un’altra birra. L’aria era piuttosto tesa, quindi per un po’ si parlò del più e del meno. Tutti bevemmo un caffè, subito dopo Giuseppe andò via, perché il suo treno sarebbe partito da lì a poco.

“Chi paga il conto?”, chiesi io.

Il carinissimo consigliere dei Savoia disse che aveva da fare proprio quando lo chiesi. Che coincidenza. Camillo andò a casa sua, sicuramente a vomitare perché aveva mangiato troppo. Rimanemmo solo io e Garibaldi.

Lui mi chiese: “Mai sai che c’è? Noi stiamo facendo l’Italia, per quale motivo dovremmo pagarlo?”

“D’accordo”, risposi. Quindi ci alzammo e andammo fuori dal ristorante, e lì ci salutammo. E fu così che il conto di quella sera non fu mai pagato.

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LE, CRISTIAN, OLEKSII, ZENO, ALBERTO, LETIZIA, 2022.

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In copertina: il Palazzo Reale di Torino in un gioco di luce al Museo Nazionale del Cinema, alla Mole Antonelliana di Torino (foto di Marco, 2022).

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